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Siccità, Prato ha un “tesoretto” di acqua anti crisi idrica ma non lo sfrutta


L'acquedotto industriale al momento lavora al 25% del suo potenziale, vista la minore richiesta delle imprese, e copre già una vasta area del territorio. La proposta: con la rete duale per gli usi domestici non potabili, l'irrigazione pubblica di aree verdi e impianti sportivi, lavaggi strade etc risparmio annuo di almeno 4 milioni di mc e costi minori


Redazione


La città di Prato ha un "tesoretto" di acqua che potrebbe far ridurre in maniera considerevole i flussi dal Bilancino ma che, al momento, viene sfruttato per meno di un quarto del suo potenziale. E' il sistema del cosiddetto acquedotto industriale, progettato negli anni '80 insieme all’urbanizzazione del Macrolotto ed entrato in funzione negli anni '90, per fare fronte al fenomeno di depauperamento della falda idrica a causa degli eccessivi emungimenti da parte delle cosiddette aziende ad umido quali tintorie, rifinizioni, lavaggi ecc. 
Una vera e propria manna visto i cambiamenti climatici e le sempre più diffuse siccità che stanno colpendo tutta Italia e che hanno portato anche la Toscana a dichiarare lo stato di emergenza per crisi idrica.
Ma come poter sfruttare questo "tesoretto", ora che la richiesta delle industrie è drasticamente calata rispetto agli anni '90?
Un'idea viene avanzata da Enrico Ferraboschi, perito industriale e consulente per conto di Conser, il consorzio che attualmente è proprietario del primo impianto di riciclo di acqua a servizio del comparto industriale Macrolotto 1 e dato in gestione a Gida spa (un secondo impianto,  connesso al primo, è al servizio del Macrolotto 2 e di altre aree, ed è sempre gestito da Gida spa).
"Prato è una delle poche città di Europa a disporre di un sistema di riciclo dell'acqua – spiega Ferraboschi -. Parte di quella in uscita dal depuratore di Baciacavallo viene prelevata, ulteriormente filtrata e reimmessa in una rete di tubazioni ed utilizzata nuovamente per utilizzi di processo produttivo e per uso antincendio dando un'acqua non potabile, ma di una certa qualità. Un'acqua trasparente in cui può vivere un pesce tipo un carasside o cavedano". 
Ad oggi, come detto, gli impianti lavorano circa al 25% della portata nominale vista la minore domanda da parte dell'industria, con la diminuzione delle aziende a umido.
"La proposta  che faccio, e che avrebbe dovuto già essere stata presa in considerazione da molti anni, senza aspettare le autorizzazioni ministeriali – prosegue il consulente di Conser – è quella di portare questa acqua in città per la creazione di una rete duale per l'alimentazione delle utenze meno nobili delle abitazioni. Tutti servizi per i quali non è richiesta la potabilità e che potrebbero utilizzare un'acqua dal costo sensibilmente inferiore e ovviamente non utilizzabile per usi alimentari". Da circa tre anni è stata presentata una richiesta al ministero dell’Ambiente per l’utilizzo di quest’acqua per usi irrigui non alimentari che amplierebbe le possibilità di uso di questa preziosa risorsa. "Viene da chiedersi – dice Ferraboschi – perché alcun amministratore locale o regionale abbia mai perorato questa causa, richiedendo magari un'implementazione delle possibilità di uso".
Le proposte di utilizzo fatte da Ferraboschi sono molteplici: dalla rete duale all'interno delle abitazioni, distinta e non comunicante con quella di acqua potabile, da usare per il caricamento degli sciacquoni e lavaggi generici, all'irrigazione di giardini e di verde pubblico e campi sportivi, oggi generalmente demandata a pozzi trivellati per ogni occasione. Dai lavaggi stradali a cura dei mezzi di Alia, alla pulizia di caditoie stradali, acqua per gli spurghi o agli impieghi geotermici (in una abitazione isolata, una pompa di calore condensata con acqua ha un consumo dimezzato rispetto ad un sistema tradizionale aria acqua) fino all'uso antincendio, già attivo nel comparto industriale. 
Naturalmente un intervento del genere richiede investimenti pubblici per realizzare la rete parallela, ma visto che ormai la crisi idrica sembra inarrestabile, muoversi per tempo potrà evitare di affrontare in futuro problemi che al momento per il territorio pratese sono ammortizzati dall'invaso del Bilancino. Senza dimenticare l'occasione offerta dai fondi del Pnrr.
"Bisogna tenere conto – prosegue Ferraboschi – che già ora la rete dell'acquedotto industriale raggiunge, oltre alle aree dei Macrolotti 1 e 2, anche le zone di via Pistoiese, San Paolo e la zona industriale di Bagnolo. Mentre per l'adeguamento delle reti interne alle case, basterebbe rendere cogente questa disposizione da regolamento edilizio ogniqualvolta un cittadino effettua opere interne o in caso di nuove costruzioni, ampliamenti ecc".
"Anziché inseguire la sostenibilità ambientale – conclude Ferraboschi – con l'utilizzo di acqua piovana come previsto nel Regolamento Edilizio, acqua che non c’è mai quando serve e che crea innumerevoli problemi di stoccaggio, trattamento e filtrazione, è meglio un collegamento ad una rete duale cittadina controllata a monte e debitamente trattata".
I benefici sarebbero subito evidenti: "Considerando – spiega il consulente di Conser – che un abitante medio utilizza almeno 6 volte al giorno uno sciacquone per un totale di 54 litri di acqua potabile, si avrebbe un risparmio di circa 20 mc anno di acqua potabile per ogni abitante. Rapportandolo a 200.000 abitanti si avrebbe un risparmio di 4 milioni di mc annui. Considerando che l'invaso di Bilancino ha una capacità massima di 84 milioni di mc si avrebbe un risparmio di quasi il 5%. Senza considerare gli altri usi". 
 
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è una testata registrata presso il Tribunale di Prato
(N° 4 del 14/02/2009)
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Redazione: Via del Biancospino, 29/b, 50010
Capalle/Campi Bisenzio (FI)

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