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Una bocciatura senza appello del decreto sicurezza appena varato dal governo, ma anche una presa di distanza da quelle che sembrano essere le linee guida della nuova amministrazione comunale a guida centrodestra. Le parole di don Santino Brunetti, vicario episcopale all’immigrazione, affidate ad un lungo articolo uscito sull’ultimo numero del settimanale La Voce, non lasciano molto spazio alle interpretazioni. Rischia così di riaprirsi il solco tra la chiesa pratese e il centrodestra che già in campagna elettorale in vari momenti era apparso evidente. Le affermazioni del vescovo Simoni sulla dignità della persona e sulla necessità dell’accoglienza, vengono riprese e ribadite da don Brunetti, che arriva a parlare di “disobbedienza civile” da parte dei cristiani se verranno emanate norme e provvedimenti in contrasto con la dottrina della Chiesa. Così come sembra parlare direttamente alla giunta Cenni la frase, estrapolata dall’articolo: “La repressione non è segno di forza, ma di debolezza amministrativa. I percorsi educativi e formativi sono una via di forza e vanno intrapresi”.Nel duro “j’accuse” del prelato non manca un riferimento polemico alla norme sui figli dei clandestini, che già così tante polemiche ha suscitato, soprattutto a Prato, con la presa di posizione del presidente della Provincia Gestri e la replica del Viminale. E tanto per far capire che il destinatario dell’attacco sta più vicino di quanto si possa pensare, Brunetti punta il dito contro la realtà pratese: “Mentre ci interessano i soldi degli altri, anche quelli sporchi dei cinesi, cui si affitta o si vende tutto secondo le leggi del nostro mercato sommerso, ci interessa sempre meno la sorte di persone cacciate e ributtate nella miseria”. Insomma è vero che tra Chiesa e Comune non era ancora scoccata la scintilla del colpo di fulmine, ma adesso la distanza tra piazza Duomo e piazza del Comune sembra farsi davvero molto più ampia dei 200 metri del Corso.
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