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Processo Creaf, ricostruita in tribunale l’agonia e la fine del progetto del Centro di ricerca


E' durata più di tre ore la deposizione della dirigente della Provincia di Prato Bonciolini chiamata a ricostruire la crisi della società e il rapporto connesso ai 7 milioni e mezzo di anticipazione finanziaria mai restituita all'ente


Redazione


“Nel 2014 il Creaf versava in una crisi di liquidità cronica che non riusciva ad affrontare. Ci presentò, ma solo ufficiosamente, un piano economico-finanziario poco credibile, con tempi di restituzione del prestito concesso dal socio di maggioranza, la Provincia di Prato, più lunghi della vita della società stessa, e con la previsione di mettere a reddito l'immobile affittando gli spazi, ipotesi fino ad allora continuamente ventilata e mai realizzata”. E' uno dei passaggi centrali della lunga testimonianza resa da Rossella Bonciolini, dirigente amministrativo della Provincia di Prato, al processo per il fallimento del Creaf, il Centro di ricerca e alta formazione che, dopo 22 milioni di soldi pubblici spesi senza mai entrare in attività, nel 2017 è stato dichiarato fallito dal tribunale una volta bocciata la richiesta di ammissione al concordato preventivo. A rispondere di bancarotta semplice sono stati chiamati in otto tra politici ed ex amministratori; tra loro il sindaco Matteo Biffoni nella sua qualità di presidente della Provincia (avvocati Nicolosi e Lucibello), il suo predecessore Lamberto Gestri (avvocato Renna), l'ex presidente della società Luca Rinfreschi (avvocato Rocca) e l'ultimo amministratore, Laura Calciolari (avvocato Rondanina).
Il pubblico ministero Boscagli e le difese degli imputati hanno chiesto a Bonciolini di ricostruire la crisi del Creaf, partendo dalla norma introdotta nel 2010 che mise fine all'erogazione di finanziamenti pubblici a società partecipate con esercizi in perdita. La norma arrivò quando mancava da corrispondere l'ultima tranche dell'anticipazione a titolo di prestito: circa un milione 900mila euro dei 7 e mezzo concordati. “Tranche che non fu mai pagata – ha spiegato Bonciolini – perché non era tecnicamente possibile la proroga”. In soccorso all'interpretazione data alla direttiva dalla Provincia, arrivò la Corte dei Conti: “Chiedemmo un parere – ha ricordato la dirigente – e ci fu risposto che era corretto non aver dato altri soldi e che l'unica eccezione per tenere aperto il canale di finanziamento era rappresentata da prestiti finalizzati a investimenti”.
La società, all'epoca, aveva già ricevuto diversi solleciti dalla Provincia per la restituzione dell'anticipazione finanziaria con tanto di pagamento di interessi e penali per i ritardi sulle scadenze contrattuali: “Nessuna risposta – ha detto Bonciolini – e la questione fu congelata. Eravamo a un bivio: o un atteggiamento più incisivo da parte della Provincia con un'azione legale, oppure la richiesta di un piano economico finanziario, con incluso un piano di rientro del debito, così da verificare lo stato di salute della società, la sua capacità a stare sul mercato”. Piano che arrivò in Provincia ma mai in versione ufficiale. “Si prevedeva un finanziamento annuale da parte dell'ente – ancora la testimone – che però non era possibile per l'ostacolo normativo introdotto nel 2010”. Nel frattempo l'amministrazione provinciale accantonava somme nel fondo svalutazione crediti per evitare impatti sul bilancio nel caso di mancata restituzione (come poi successo). 
Decisa a non abbandonare il progetto di dare alla città un Centro di ricerca che potesse modernizzare il tessile e aprire prospettive di rilancio, la politica cercò soluzioni. Il presidente Gestri, nonostante il suo mandato fosse già scaduto e ricoprisse la carica in attesa di chiarimenti sul futuro delle Province spazzate via dalla riforma, fece richiesta alla Regione di fondi comunitari Fipro (Fondo per infrastrutture produttive). La risposta fu positiva: tre milioni, in parte a carico della Regione e il resto ripartiti tra i soci del Creaf (i Comuni dell'area pratese, oltre alla Provincia) in base al peso dei rispettivi pacchetti azionari. La Provincia si attrezzò con una variazione di bilancio fatta da Gestri per qualcosa più di un milione di euro vincolato, però, allo stato di avanzamento dei lavori. Avanzamento dei lavori che non fu dimostrato da Creaf e che fece saltare gli atti dirigenziali indispensabili all'erogazione dei soldi. “Nel frattempo si insediò Biffoni a cui – ha raccontato Bonciolini – rappresentai la situazione, spiegando che la Provincia si era data un regolamento sui finanziamenti in seguito ai tagli fatti dallo Stato sui trasferimenti agli enti locali. Il regolamento non prevedeva rilascio di somme senza il rispetto del vincolo che, nel caso di Creaf, era l'avanzamento dei lavori”. E il Comune di Prato pagò la sua parte? Risposta: “Sì, il Comune non aveva il nostro stesso regolamento”. L'impegno di spesa della Provincia non fu mai revocato ma mantenuto fino al fallimento della società.
Bonciolini ha chiarito che se anche i fondi Fipro fossero arrivati tutti, sarebbe stato solo l'inizio della soluzione ai problemi di Creaf. 

nt
 
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Capalle/Campi Bisenzio (FI)

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