“Riprendiamoci la città”, “Vogliamo legalità”, “A ognuno il suo compito”, “Ora basta!”. In settecento hanno risposto oggi, sabato 6 febbraio, all'appello dei gruppi Facebook "Sei di Prato se" e "Prato si ribella a qualsiasi sistema di illegalità" di manifestare in piazza Duomo contro spaccio, furti, scippi, degrado. La mobilitazione ha preso forma lentamente: al suono della campanella si sono presentati in duecento, poi la folla è cresciuta fino a riempire la scalinata che dalla stazione del Serraglio porta a piazza dell'Università. Tutti a chiedere che la città torni ad essere quella che era e non l'impietosa cartolina andata in onda domenica scorsa su “Le Iene”, il programma di Italia 1 che ha mostrato la grande macchina dello spaccio che non spegne mai il suo motore. “Vogliamo poter essere liberi di uscire, di andare e tornare, di passeggiare, di muoverci – dice una donna che porta legato al braccio il laccio bianco che insieme alla mano rossa è la firma della manifestazione – lavoro in centro e vedo scene che non penso si vedano altrove. Spaccio libero, come se fosse normale vendere e comprare droga in pieno giorno sotto gli occhi di tutti”.
C'è rabbia: “Dobbiamo rassegnarci a vivere nella paura? Se è questo che vogliono, stanno vincendo perché ormai a Prato c'è da aver paura a fare tutto. Possibile che se voglio vedere due vetrine in santa pace devo andare a Pistoia o a Firenze”? In piazza si è visto qualche assessore. Barberis, delega al centro storico, ha proposto agli organizzatori di portare tutte le settimane gente in centro per scacciare il degrado. “Siamo vicini ai cittadini – ha detto – il Comune è impegnato in una serie di interventi a partire dalla riqualificazione dello spazio pubblico, l'esempio concreto è il playground del Serraglio. L'importante è che i cittadini e il Comune vadano avanti insieme, nella stessa direzione”. Qualcuno in piazza non ha gradito la presenza dell'amministrazione e ha fatto partire un battimano ironico al grido di “un applauso di incoraggiamento alla Giunta”. Qualche assessore e anche qualche consigliere comunale, sia di maggioranza che di opposizione. Ma la frangia politica non ha trovato grande riscontro.
“Qui non si vive più – il commento di un'altra cittadina – io ce l'ho con il Governo che dice una cosa e ne fa un'altra, che vuol farci credere che va bene l'accoglienza. Magari ha ragione, ma andrebbe controllata meglio tutta questa accoglienza perché poi ci ritroviamo a spacciare gente in possesso o in attesa del permesso di soggiorno per motivi umanitari”. E ancora: “Io ho passato anni bellissimi in questa città quando ero giovane e adesso mi ritrovo a negare ai miei figli il permesso di uscire perché c'è da avere paura – lo sfogo di un padre – non è giusto, non ci meritiamo questo”. Francesca Cadeddu e Alessandro Bonacchi, rispettivamente amministratori dei gruppi Facebook “Prato si ribella a qualsiasi sistema di illegalità” e “Sei di Prato se” speravano in una grande mobilitazione: “Raccogliamo il malcontento della gente, le proteste per una città che non è più quella di una volta. Non ce la prendiamo con nessuno ma chiediamo che ognuno faccia la propria parte e metta in campo le proprie forze e competenze”. La piazza si è ribellata. Esattamente come stamani duemila cinesi si sono ribellati a scippi e furti. “Dobbiamo fare qualcosa – ha detto un commerciante di piazza Lippi – io in quella piazza ci sto perché amo Prato e perché non mi voglio arrendere a casa mia. Non ho paura per me ma per la gente che affronta questo pezzo di centro storico per venire a fare la spesa al mio banco. Certo, quando sono solo mi guardo continuamente intorno, non è un granché vivere e lavorare così”. La speranza ora è che il presidio fisso della Municipale in alcune ore del giorno alla stazione del Serraglio scoraggi i “pendolari del buco” che arrivano da ogni parte della Toscana per fare rifornimento di droga dagli spacciatori che non hanno timore di niente e di nessuno. “Sono padroni, ci minacciano, ci deridono, ci sputano addosso e noi zitti perché abbiamo paura e parecchio da perdere” l'amara considerazione di un signore che ogni giorno, nonostante tutto, sale sull'autobus e non rinuncia alla passeggiata in centro “perché mi resta solo questo dopo una vita di lavoro”.
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