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Natale insieme a casa per marito e moglie dopo aver sconfitto il Covid


La storia a lieto fine di Franco e Manuela dopo oltre un mese di malattia tra il Santo Stefano e le strutture intermedie, tra paura di morire e le carezze dei sanitari


Redazione


In questo Natale così particolare a causa del Covid, regaliamo ai nostri lettori una storia di speranza che serva anche a riflettere.  Riflettere sulle conseguenze collettive dei singoli comportamenti ma anche sul buono della nostra sanità, gli operatori. Lo facciamo attraverso la storia di Franco e Manuela Mazzone di Prato che ci raccontano la loro brutta esperienza con il virus. Oggi che possono trascorrere il Natale a casa di nuovo insieme e con la figlia Francesca, sorridono proprio come nella foto che pubblichiamo, ma alle loro spalle c'è l'inferno del Covid durato oltre un mese, tra casa, ospedale e strutture intermedie con il rischio reale di non tornare più. 

A fine ottobre il virus ha attaccato prima lui, 73 anni, e poi lei, 69, che lo ha accudito. Difficile dire come sia successo. "Forse al supermercato, era pieno di gente. Chissà. Siamo sempre stati attenti. Eppure è toccato a noi". I dolori alle ossa, i disturbi intestinali e poi la febbre sempre più alta. "All'inizio ho pensato fosse l'effetto del vaccino antinfluenzale che avevo fatto i giorni prima. – racconta Franco – Poi il medico mi ha fatto fare il tampone ed è risultato positivo. I primi giorni sono rimasto a casa seguito dalle Usca. Ma poi l'ossigenazione è scesa e i medici hanno preferito portarmi al Santo Stefano".
Una settimana dopo lo ha seguito a ruota Manuela, ma non è stato possibile metterli vicini sia per il maxi afflusso di quel periodo che per le diverse condizioni di salute. Francesca intanto era a casa in quarantena e fortunatamente non si è contagiata, ma la sensazione di solitudine e di impotenza è stata devastante. Dopo una vita insieme per la prima volta erano l'uno lontano dall’altro e senza nessuna possibilità di vedersi e aiutarsi.
Franco ha avuto momenti di grande paura ma li ha superati grazie anche all'aiuto del personale: "Sono stati tutti bravissimi. Di un'umanità impressionante. Ci hanno curato, pulito e persino accarezzato.  Un giorno ho avuto una crisi profonda, non volevo mangiare. Avevo un solo pensiero, parlare con mia figlia. Con una pazienza infinita mi si sono messi vicino fino a convincermi a mangiare quei benedetti gnocchi al pomodoro. Ho trovato delle persone di una bontà incredibile. E' stato vero amore. Li vorrei abbracciare tutti per quello che hanno fatto e che fanno". 
Il fattore umano del personale sanitario ha fatto la differenza anche per Manuela: "Nonostante il tantissimo da fare, mi hanno seguito sempre, anche al pronto soccorso dove ho passato la prima notte e mi hanno dato un telefono speciale per chiamare mia figlia. L'ospedale era pieno ma io non me ne sono accorta. Con quelle protezioni erano sudati marci e anche stanchi, ma sempre affettuosi. Non li saprei riconoscere perché vedevo solo gli occhi e il nome sulle tute, però li vorrei ringraziare uno per uno". Franco ha cercato di ricambiare rendendosi utile nei momenti in cui è stato meglio: "Ho la fortuna di essere sempre stato sano in vita mia e quindi ho retto l’onda d’urto. Quindi, seppur senza avvicinarmi, sorvegliavo i miei vicini di letto. Qualcuno voleva scappare, altri vaneggiavano. Uno l'ho visto morire in piena notte ed è stato tremendo. Mi consola pensare che sia riuscito a salutare i suoi familiari grazie al tablet che gli hanno portato gli infermieri. Ho visto cose allucinanti che neanche io credevo potessero esistere. Ora apprezzo di più tutto, anche i gesti semplici e quotidiani”. Un'esperienza terribile che oggi possono raccontare. Manuela, che è stata anche nell'albergo sanitario, è stata la prima a tornare a casa, l'8 dicembre. "Quando ho visto mia figlia non sapevo se abbracciarla o no. Dopo tanto tempo mi sembrava impossibile essere negativa". Franco, che a causa di una ricaduta, è uscito il 14 dicembre, non ha avuto invece esitazioni: "Appena ho varcato la soglia di casa, l'ho stritolata da quanto l'ho abbracciata forte. Ho davvero pensato che non l'avrei più rivista. Se penso che certe notti in ospedale ero terrorizzato dall’idea di addormentarmi e non svegliarmi più. Avrei pagato qualcuno per tenermi gli occhi aperti che volevano chiudersi per la stanchezza".  E purtroppo la paura resta. Franco ha ancora le bombole di ossigeno per aiutarlo nella respirazione, Manuela non è uscita di casa da quando vi ha fatto ritorno. Ci vorrà tempo per recuperare la normalità ma dimenticare questa bruttissima esperienza è impossibile: “Noi abbiamo la fortuna di poterla raccontare. – conclude Franco – Per questo voglio dire agli scettici che il virus esiste ed è cattivo. Cerchiamo di stare attenti, vogliamoci bene tutti. Per qualche festività a casa senza parenti e amici non succede niente, l’importante è esserci”.
(e.b.)
Edizioni locali: Prato
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è una testata registrata presso il Tribunale di Prato
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Direttore responsabile: Claudio Vannacci

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Redazione: Via del Biancospino, 29/b, 50010
Capalle/Campi Bisenzio (FI)

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