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Soddisfazione per la riuscita della manifestazione di sabato, ma anche un po’ di preoccupazione per l’equazione crisi uguale illegalità diffusa a Chinatown, con il rischio che si perdano di vista le vere ragioni delle difficoltà cui sta facendo fronte il distretto pratese.E’ questa l’analisi, a freddo, del presidente degli industriali Riccardo Marini.“L’Unione Industriale Pratese – dice – è molto soddisfatta dell’esito della mobilitazione di sabato scorso. Ora siamo in attesa di risposte: da Regione e Governo nazionale aspettiamo riscontri puntuali a quanto abbiamo chiesto. Confidiamo che qualche segnale non tarderà troppo: diversamente, sarebbe uno schiaffo al distretto dalle conseguenze disastrose. Intanto però riscontriamo che taluni commentatori dei media nazionali, poco pratici di questioni pratesi, hanno in buona fede contribuito a generare confusione circa le cause della crisi. E’ stato fatto in qualche caso un mix improprio fra la crisi del distretto e l’illegalità della Chinatown: risultato, la tesi che i problemi del tessile pratese nascerebbero dalla concorrenza sleale delle imprese cinesi del territorio”.”Non dobbiamo far passare questo messaggio, che è sbagliato e fuorviante – aggiunge Marini -. Noi lanciavamo allarmi in questa direzione quando eravamo quasi i soli a farlo. E continuiamo ancor oggi a dire, con fermezza, che l’illegalità imperante fra le imprese cinesi di Prato va combattuta con la massima determinazione. Però non dobbiamo permettere che si diffonda l’idea che il tessile di Prato è in crisi a causa della concorrenza delle confezioni cinesi del distretto. La crisi nasce da altro: dalla concorrenza del tessile di paesi terzi, soprattutto di quello prodotto in Cina, lo stesso che rifornisce le confezioni cinesi di Prato e di gran parte del mondo praticando una concorrenza resa sleale dagli aiuti di stato e dal dumping sociale, ambientale e valutario; da un’Europa che non ha voluto difendere il suo manifatturiero; da complesse dinamiche interne alla filiera globalizzata; infine, da questa crisi mondiale che si è abbattuta come un flagello su un distretto che stava già affrontando con fatica una difficile riorganizzazione”.