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E’ un vero e proprio viaggio tra l’illegalità, la sofferenza umana, lo sfruttamento e il degrado. Uno spettacolo al quale ormai si sono abituati i componenti delle squadre interforze incaricati dei controlli nelle aziende cinesi ma che colpisce come un cazzotto nello stomaco chi per la prima volta si trova a immergersi in questo mondo che vive e coesiste a fianco del nostro.Ieri sera Notizie di Prato ha potuto partecipare ad uno dei tanti blitz nei capannoni del cosiddetto distretto parallelo. Nel mirino c’erano un paio di aziende di Poggio a Caiano, una delle quali segnalata più volte dai cittadini per i disagi provocati. A muoversi un eterogeneo e nutrito gruppo composto dai carabinieri del comando provinciale, da quelli della stazione del Poggio con il rinforzo della Compagnia Intervento Operativo (Cio) del Battaglione Toscana. E poi carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro, vigili del fuoco, polizia municipale di Poggio a Caiano, Asl, Inps, Asm. Un gruppo di professionisti preparati e in grado di svolgere, con una sincronia quasi perfetta, ognuno il proprio lavoro senza intralciare gli altri. Pur nella consapevolezza, come ha ammesso uno di loro, di riuscire tuttalpiù a togliere un bicchiere di acqua dal mare. “Chiudiamo un’azienda e la riaprono in un’altra parte – ammette -. Troviamo un clandestino e dopo un mese lo rivediamo in un’altra ditta. Ma questo è il nostro lavoro e cerchiamo di farlo nel miglior modo possibile. Sperando che serva a qualcosa”.Una cosa però è certa: lo sforzo della prefettura di coordinare gli interventi delle varie forze è riuscito a mettere in piedi una macchina quasi perfetta, dove ogni rotella del meccanismo gira bene oliata.Così ecco che in via dell’Ombra scatta il primo controllo. L’ufficiale dei carabinieri che comanda il dispositivo entra insieme al comandante della Stazione e ad un interprete. Poi dietro i militari del Cio a impedire la fuga di eventuali clandestini. Al piano di sopra c’è il grosso dei cinesi, stanno mangiando. Sotto ci sono i macchinari con due operai intenti a lavorare: sono entrambi clandestini. Altri cinque irregolari saranno trovati di sopra e per questo il titolare della confezione sarà arrestato. Ovunque degrado e sporcizia. Lo stanzone è diviso da pareti in cartongesso per ricavare una decina di loculi con dentro materassi o brandine. La cucina è in condizioni pietose, il frigo strapieno di cibo accatastato. L’odore è insopportabile. Ma i controlli procedono svelti: i cinesi vengono identificati, i regolari divisi dai clandestini; gli agenti della Municipale fanno le misurazione e redigono il verbale di sequestro; i vigili del fuoco cercano le bombole, controllano gli impianti, e a norma c’è davvero poco. Carabinieri dell’Ispettorato del lavoro e Inps cercano di capire la posizione dei dipendenti. Ci sono anche dei bambini, una ragazzina in un angolo piange e allora l’ufficiale che comanda il dispositivo le si avvicina, le parla, cerca di tranquillizzarla, poi l’accompagna dalla madre. Perché in tanta efficienza l’aspetto umano non viene mai meno e dalle bocche dei giovani militari esce più volte la frase: “Ma come si può vivere in queste condizioni….”.Neanche un’ora e il blitz è finito. I clandestini e il titolare arrestato vengono portati via. I tecnici Asl stilano il verbale, i vigili urbani mettono i sigilli alle porte e ai macchinari. Qui, per un bel po’, non ci tornerà più nessuno e i residenti potranno dormire tranquilli.Ma il lavoro non è finito. La task force si sposta in via Michelangelo: c’è da controllare un altro capannone. All’interno non c’è nessuno, evidentemente il tam tam ha funzionato. Anzi, apparentemente sembra solo una ditta di confezioni, con tanti macchinari e prodotti già finiti: giubbotti per un noto negozio di Firenze (Barone), altri destinati a una griffes internazionale (Guess) perché questa è la realtà e di fronte ai soldi in tanti non si fanno scrupoli.Poi un carabiniere sposta una scaffalatura e, d’incanto, dietro il cartongesso si apre un altro mondo: una scala a chiocciola e sopra, in un tramezzo ricavato nel soffitto, si affacciano una quindicina di loculi-dormitorio. Bisogna abbassare la testa, il puzzo è insopportabile: non ci sono finestre e qui ci vivono non meno di 20-25 persone. I segni della fuga sono evidenti: computer lasciati sui letti, qualche cellulare, un frutto sbucciato e non mangiato. Anche qui ognuno compie i suoi accertamenti: le bombole del gpl vengono rimosse e la Municipale compila il verbale di sequestro amministrativo. Nel frattempo arriva un commerciante maghrebino: è quasi mezzanotte ma sostiene di aver un appuntamento con il titolare della pelletteria, deve ritirare della merce. Il proprietario, però, chissà dove è nascosto. I blitz sono finiti, è tardi, ma per i carabinieri il lavoro è ancora a metà: adesso in caserma ci sarà da ascoltare i clandestini, provare a identificarli, vedere se sono già stati espulsi. E da domani si ricomincia: ci sarà un altro capannone da ispezionare, altri clandestini da trovare, altre ditte da chiudere. Un altro bicchiere di acqua da togliere dal mare.
Claudio Vannacci