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I medici di famiglia bocciano la riorganizzazione dell’Asl per la fase 2 dell’emergenza Covid


Cambia marcia la macchina sanitaria con il rafforzamento e l'introduzione di nuovi modelli organizzativi che puntano ad un più efficace sistema territoriale integrato. La critica del Sindacato medici italiani: "Sminuito il ruolo del medico di base, non è la prima volta che accade"


Redazione


“Il medico di medicina generale ancora una volta messo da parte dalla Asl Toscana centro”. E' l'accusa che arriva dal segretario del Sindacato medici italiani (Smi), Franco Mantovani, dopo la delibera con la quale, lo scorso 30 luglio, l'azienda sanitaria ha rafforzato e introdotto nuovi modelli organizzativi sperimentali per la fase 2 dell'emergenza Covid. Una novità – secondo il sindacato – che riduce il medico di famiglia ad una funzione burocratica dimenticando il ruolo di primaria importanza che invece riveste nel contesto clinico, familiare e sociale del paziente.
“La delibera – il punto di vista di Mantovani – invece di considerare il medico di famiglia come il professionista che tira le fila dell'equipe multiprofessionale chiamata a rispondere ai bisogni di salute dei cittadini, fa ruotare tutto attorno a gruppi di intervento, a figure e a strutture che operano sul territorio e dentro l'ospedale e che possono anche verificare le decisioni che il medico assume per il suo paziente. Inaccettabile contrattualmente e deontologicamente”.
A convincere l'azienda sanitaria ad un ripensamento dei modelli organizzativi sono stati diversi fattori: la cronicità e l'invecchiamento della popolazione prima di tutto, ma anche il continuo sovraffollamento del pronto soccorso. Fattori che, sommati, hanno evidenziato l'esigenza di implementare sistemi che consentano di rafforzare la presa in carico dei pazienti. In campo ci sono già la Continuità assistenziale (Ca), le Unità speciali di continuità assistenziale (Usca), l'infermiere di famiglia e di comunità, i Gruppi di intervento rapido ospedale territorio (Girot); di nuova introduzione la Guardia infermieristica h24 e See and treat (trattamento delle urgenze minori affidato all'infermiere), l'Assistenza domiciliare specialistica (Adis) e una serie di connessioni tecnologiche che confluiscono al Centro servizi aziendali che diventa la cabina di regia del sistema sanitario territoriale integrato.
La macchina sanitaria così rivista è destinata, secondo il dottor Mantovani, a rallentare la risposta al paziente: “I Girot (Gruppo di intervento rapido ospedale territorio) hanno una cogestione con i medici di medicina generale e le loro azioni sono comunicate e condivise con questi ultimi – ancora il segretario Smi – in questo modo si ribalta il concetto che deve essere il medico di famiglia a coordinare il team multiprofessionale come, d'altra parte, è previsto nel Piano nazionale cronicità. Negli ultimi anni più volte, in Toscana, c'è stata l'intenzione di emarginare il medico di medicina generale, basti pensare alla delibera che ha istituito l'infermiere di famiglia e di comunità o al preaccordo con le farmacie per istituire il farmacista di famiglia, e in entrambe le occasioni lo Smi – ricorda Mantovani – si è battuto per apportare cambiamenti alle scelte per affermare il riconoscimento delle peculiarità e delle specificità del medico di medicina generale”.
Il timore del sindacato è che la rivoluzione allenti il rapporto tra la sanità e il paziente, “un rapporto che è umano se dall'altra parte c'è il medico di famiglia ma che, altrimenti, rischia di diventare solo un numero o un codice”.

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