Sarà sempre meno facile dare la colpa alla pioggia eccezionale se le strade diventano fiumi, se gli scantinati e le case a piano terra si trasformano in piscine, se fabbriche e negozi vanno sott'acqua. “Non si possono più considerare come eventi imprevedibili alcuni fenomeni atmosferici che stanno diventando sempre più frequenti”: è un passaggio di una sentenza del 2016 della Corte di Cassazione fatto proprio dalla Corte d'Appello di Firenze che nei giorni scorsi ha condannato un condominio di Prato a risarcire il danno ad un appartamento provocato dalla pioggia del 5 ottobre 2010, quella, per intendersi, che allagò il sottopasso di via Ciulli nel quale morirono tre donne cinesi. Una sentenza che non afferma nessun principio fino ad ora sconosciuto, che non dice nulla di clamoroso (agli addetti ai lavori) ma che diventa importante, anzi attuale perché sottolinea un elemento: la pioggia eccezionale non è più tanto eccezionale e qualcuno può essere chiamato a risarcire i danni. Certo, non sempre e non comunque perché ogni caso va visto, studiato, valutato, esaminato, ma è anche vero che invocare 'l'evento atmosferico imprevedibile' per affermare 'il caso fortuito' che esclude la responsabilità a carico di chi è custode delle cose che hanno provocato il danno, non è automatico.
La sentenza in questione, per la seconda volta dopo quella del tribunale di Prato, ha consegnato la ragione agli avvocati Simone Frosini e Nicola Ciardi che hanno assistito la proprietaria di un appartamento pesantemente danneggiato dalla pioggia a causa del tetto mai ristrutturato nonostante le accertate condizioni di precarietà. Il condominio si è difeso dicendo che la pioggia di quella notte fu “eccezionale” tanto che caddero 104 millimetri di pioggia in due ore creando allagamenti importanti e causando addirittura morti, e che se nei dieci anni precedenti a quell'evento “non vi erano state infiltrazioni, non si poteva ritenere urgente e necessario l'intervento al tetto”. Una tesi respinta, anzi smontata. Gli avvocati Frosini e Ciardi si sono appellati all'articolo 2051 del Codice civile (Responsabilità di cose in custodia) e il condominio, in qualità di 'custode' appunto, è stato ritenuto responsabile e condannato a pagare.
Chi è il custode? Il custode è il cittadino, la società, l'ente che ha in custodia una cosa e che viene chiamato a risponderne se quella cosa provoca un danno. E se il danno si realizza, è possibile difendersi davanti ad un giudice? Sì. “Il custode è tenuto – recita la sentenza della Cassazione 8466 del 2020 – a dimostrare che il danno si è verificato in modo non prevedibile né superabile con lo sforzo diligente adeguato alle concrete circostanze del caso”. In altre parole: ho vigilato, ho controllato, ho tenuto una condotta diligente in modo da prevenire e impedire il danno ma quello che è successo è stato più forte delle precauzioni adottate.
Nella sentenza della Corte d'Appello si legge che “il carattere eccezionale di un fenomeno naturale, nel senso di una sua ricorrenza saltuaria anche se non frequente, non è sufficiente, di per sé solo, a configurare l'esimente del caso fortuito in quanto non ne esclude la previdibilità in base alla comune esperienza”. Insomma, per dirla in parole povere e anzi poverissime: quella pioggia che si considera eccezionale, eccezionale non lo è più e quindi, cari custodi, attrezzatevi.
Argomento attuale in un momento in cui la conta dei danni provocati dall'alluvione del 2 novembre sembra non finire mai. Qualcuno potrebbe decidere di non rassegnarsi di fronte al ritornello dell''evento atmosferico imprevedibile' e tentare la strada del risarcimento bussando alla porta del 'custode' di turno.
I giudici d’Appello: “Le bombe d’acqua non sono più eventi imprevedibili”. Condominio condannato a risarcire i danni
La sentenza dà ragione all'inquilina danneggiata durante il nubifragio del 5 ottobre 2010, lo stesso della tragedia di via Ciulli. L'amministratore si era difeso appellandosi all'eccezionalità dell'evento ma la tesi è stata smontata
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nadia tarantino
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