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Guerra in famiglia sui rifiuti: Alia fa ricorso al Tar contro Ato Toscana Centro


In ballo ci sono quasi 26milioni di euro che dovrebbero andare alla società partecipata dai Comuni dell’area metropolitana per i costi di smaltimento lievitati. Intanto l'aggiornamento dei Piani economici finanziari divide il fronte dei sindaci


Redazione


Scoppia la guerra sui costi dei rifiuti nel cuore della Toscana e la cosa strana è che su fronti opposti troviamo le stesse persone perché i sindaci soci di Alia Servizi ambientali sono gli stessi che compongono anche l’autorità d’ambito, nonché gli utilizzatori del servizio di raccolta e smaltimento. 
Il pomo della discordia è rappresentato dalla modalità di applicazione di Ato Toscana Centro del nuovo metodo tariffario (Mtr) approvato da Arera, l’autorità nazionale di regolazione per l’energia, reti e ambiente.
Lo scorso dicembre, attraverso l’avvocato Andrea Grazzini, Alia Servizi ambientali spa ha presentato ricorso al Tar contro Ato Toscana Centro per aver ritirato il proprio via libera al riequilibrio finanziario del 2018 e del 2019 che vale 12,9 milioni di euro per ciascuno anno per un totale di quasi 26milioni di euro. 
Soldi che la società di gestione dei rifiuti, partecipata dai Comuni dell’area metropolitana tra cui i sette pratesi, ha chiesto in nome di un contratto di servizio e di condizioni di gara non rispettate, tra costi di smaltimento lievitati a causa della mancanza di impianti previsti inizialmente e poi cancellati come l’inceneritore di Case Passerini, e investimenti fatti da Alia per implementare gradualmente il servizio. 
Soldi che lo scorso giugno l’assemblea dei sindaci di Ato ha accettato di pagare (c’erano già oltre 12 milioni di accantonamenti) specificando le modalità di liquidazione e sottolineando “che le condizioni di disequilibrio 2018 sono strutturali – si legge nel ricorso – e incidenti anche sull’anno 2019”. Nel ricorso si sottolinea anche che quanto disposto da Arera era già in vigore e questo “rafforza il legittimo affidamento di Alia sulla compatibilità con il quadro regolatore dei meccanismi di preservazione dell’equilibrio economico”. 
Nel corso dell’estate però è cambiato il direttore di Ato che a settembre ha annunciato prima una verifica di coerenza tra il contratto di servizio con Alia e il nuovo metodo tariffario Arera, e poi ha revocato la deliberazione di giugno. In sostanza, nel giro di pochi mesi Ato si è rimangiata quanto accordato sia in termini economici che di principio. A niente è valso l’invio da parte di Alia di un Pef grezzo con elementi compatibili con i nuovi criteri volti a garantire l’equilibrio finanziario come ad esempio i costi operativi incentivanti o i meccanismi di aumento di tariffa. Ato non ne ha voluto sapere di tirare fuori quei soldi e ha rispedito al mittente ogni proposta. Non resta quindi che la via giudiziaria contro quella che viene definita “un’asettica applicazione dell’Mtr basato sui costi a consuntivo dei due anni precedenti senza considerare l’impegno economico e finanziario del gestore nell’attuare nel 2019 e nel 2020 le trasformazioni imposte dal contratto di servizio e cagionando di fatto una situazione di disequilibrio economico e finanziario della gestione”. Poiché la causa di tutto è considerato il nuovo metodo tariffario di Arera che ha sede a Milano, il Tar è quello della Lombardia. Nello specifico non viene contestato il nuovo metodo in quanto tale ma una sua particolare declinazione da parte di Ato per quanto di competenza e, in ipotesi, da Arera con riferimento alla situazione della concessione dell’ambito Toscana Centro. Punto quest’ultimo su cui il ricorrente propone eccezione di legittimità costituzionale e in via eventuale e successiva remissione degli atti alla Corte di giustizia europea. 
Che i nuovi metodi tariffari di Arera abbiano bisogno di tempo per essere sviscerati e accettati, lo si intuisce anche dai malumori espressi dai sindaci in sede di assemblea Ato per l’approvazione dei Piani economici finanziari (Pef) 2020 di ogni Comune avvenuta lo scorso 11 dicembre. Non c’è stata unanimità. Cinque i Comuni contrari (soprattutto del pistoiese) e sei gli astenuti. Tra questi ci sono Cantagallo, Carmignano, Vaiano e Vernio. Non è un caso. I loro Pef, calcolati con costi 2018, riportano aumenti di costo e nessuno dalla Ato ha saputo spiegare il perché. Emblematico il caso di Vernio come ci spiega il sindaco Giovanni Morganti: “Da anni abbiamo lo stesso sistema di raccolta e abbiamo terminato l’ammortamento quinquennale del costo del porta a porta. Non capisco quindi, da dove venga questo aumento di 39mila euro e nessuno me lo sa dire. Se si tratta di un incremento dei costi di smaltimento perché mancano gli impianti, che lo dicano serenamente. Ecco perché mi sono astenuto, non c’è chiarezza”.
Grazie a una norma nazionale legata al Covid, il 2020 ricalcherà le tariffe del 2019, quindi quest’anno è schermato dai rincari Tari. I maggiori costi saranno spalmati nel triennio successivo. Non è detto che si traducano in un ritocco della tariffa. La singola annualità potrebbe essere assorbita in parte o completamente nei successivi Pef e comunque il Comune potrebbe decidere di prenderli dalle proprie casse senza frugare in tasca ai cittadini. Il sindaco di Vaiano, Primo Bosi, che ha maggiori costi per 76.806 euro (25mila all’anno tra il 2021 e il 2023) abbozza una spiegazione: “Credo che dipenda dalla diversa ripartizione dei proventi della vendita del multimateriale recuperato. Prima andava in toto ai Comuni, ora deve essere diviso 60/40 con Alia. Non ho certezze comunque, mentre vorrei averle. Anzi ritengo che i sindaci abbiano diritto di sapere ogni dettaglio di questa nuova impostazione per capire come muoversi. Il totale non mi basta”.
I pef 2020 di Cantagallo e di Carmignano registrano costi aumentati rispettivamente di 13.364 euro e 48.870 euro (sempre da portare e dividere nel triennio appena iniziato). Va bene invece a Prato, Montemurlo e Poggio a Caiano che si vedono ridurre i costi. Nei primi due casi è merito della deassimilazione dei rifiuti tessili che continua ad avere effetti positivi sui conti comunali, mentre la riduzione del terzo dovrebbe essere legata alle dimensioni ridotte del territorio. Nello specifico Prato porta a casa un taglio di 2.262.749 euro che scalerà nei prossimi tre anni, Montemurlo di 248.803 euro (82.934 all’anno) e Poggio di 61.519 euro (20.506 all’anno). 
(e.b.)
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