Sfiancati da dolori che imprigionano arti e articolazioni: mani e piedi, gambe e braccia, caviglie, gomiti, spalle, ginocchia. Debilitati da patologie che si aggravano progressivamente, che tolgono il sonno, l'appetito, la forza. Patologie che possono diventare padrone di ogni muscolo e, nei casi più gravi, anche degli organi vitali. Sono circa dodicimila i pazienti che ogni anno bussano alla porta di Reumatologia dell'ospedale di Prato. Pazienti spossati, logorati chi dall'artrite reumatoide, malattia cronica potenzialmente invalidante se non adeguatamente curata, chi dalla fibromialgia, altra malattia cronica che riduce tantissimo la qualità della vita fino ad azzerarla, chi dalla spondiloartirite, dall'osteoporosi, dalla sclerodermia. Il servizio, diretto dal dottor Fabrizio Cantini, è all'avanguardia: è riconosciuto centro di eccellenza insieme ad altri due o tre in Italia, meta di malati che arrivano da ogni dove, anche da oltrefrontiera. Un centro di eccellenza che, però, ultimamente zoppica vistosamente e che non riesce più a dare risposte ai bisogni dei pazienti; ad oggi se ne contano circa 1.700 in terapia biologica, 600 e passa dei quali sottoposti a terapie che necessitano di un posto letto per le ore di trattamento. Prima dell'emergenza Covid di posti letto, alla palazzina del vecchio ospedale, ce n'erano 15: non tanti, ma più del doppio di quelli disponibili oggi a Villa Fiorita dove sono stati dirottati i pazienti per fare posto ai malati di coronavirus. “I vertici dell'ospedale si sono dimenticati di noi – dice Renato Saviani, presidente provinciale di Atmar (Associazione toscana malati reumatici) – inutili i diversi incontri avuti fino ad oggi per chiedere un rafforzamento del comparto, un aumento dei posti letto, una sistemazione migliore, un intervento consono al prestigio che la Reumatologia di Prato ha a livello nazionale ed internazionale. Durante gli incontri tutti disperatamente pronti a risolvere la situazione, ma poi nulla va in porto. Siamo stati riempiti di promesse, ma le promesse non curano i malati, semmai li aggravano”.
Per diverse settimane i posti letto ricavati a Villa Fiorita sono stati cinque, poi aumentati a sette. Pochi, troppo pochi per garantire ai pazienti di sottoporsi in modo continuativo e costante alla terapia. E senza assiduità svanisce la possibilità di ricevere benefici dal trattamento. Ci sono pazienti alle prese con la fibromialgia che, dopo essere rimasti fermi per alcune settimane nel periodo dell'emergenza sanitaria, hanno ricominciato la terapia ma a spot: cinque giorni a giugno, qualche altro giorno a luglio, cinque/sei giorni ad agosto. “Il medico mi ha detto che la terapia a intermittenza non serve a niente – dice una delle tante pazienti di Reumatologia – io ho bisogno di cure per almeno 3-4 settimane consecutive e da mesi questo non succede perché non c'è posto: siamo troppi. Non basta che pago i farmaci di cui ho bisogno? Farei volentieri a meno dell'ospedale, magari potessi farne a meno”.
La situazione è precipitata a metà marzo quando il reparto è stato smantellato nel giro di poche ore in seguito alla decisione di trasformare in 'all covid' la palazzina del vecchio ospedale. Sanitari e pazienti hanno ricevuto 'l'avviso di sfratto' appena prima di essere spostati alla clinica di Villa Fiorita per le terapie e agli ambulatori di via Angiolini per le visite. Le cure sono ricominciate il 2 aprile. “Per recuperare il periodo di interruzione e far fronte alla ridotta disponibilità di posti letto – dice Saviani – medici e infermieri si sono spezzati di lavoro”. Intanto si fa sempre più insistente la voce di un nuovo trasferimento: pare che l'accordo con Villa Fiorita si concluda i primi di ottobre. E poi? Tante ipotesi ma tutte rinviate di riunione in riunione. “Nel tempo ci sono state fatte tante promesse: Giovannini, ospedale vecchio, ospedale nuovo – ancora il presidente di Atmar – i malati sono arrabbiati, si sentono abbandonati, non capiscono che succede e intanto le patologie avanzano con conseguenze che è facile immaginare. Eppure ci sono reparti che sono stati rinnovati, ampliati, risistemati, rafforzati mentre Reumatologia non ha mai avuto un posto per le terapie dei malati dentro il nuovo ospedale. Niente per reumatologia, solo passi indietro a discapito di chi soffre e sa che la terapia non è un rimedio definitivo ma solo un mezzo per alleviare dolori atroci e insopportabili: ora viene meno anche questo barlume di speranza e di sollievo”.
Dimezzati i posti letto per le centinaia di pazienti reumatologici pratesi: impossibile eseguire le terapie necessarie
Prima dell'emergenza Covid c'erano 15 letti disponibili per le terapie, ora sono meno della metà a fronte di oltre 600 persone che ne hanno bisogno. Una paziente: "Ho bisogno di almeno quattro settimane continuative di cura ma da giugno a ora ho fatto sì e no venti giorni. Che sanità è questa?"
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nadia tarantino
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