106
L'unico modo per risolvere la paralisi che sta vivendo il Santo Stefano è assumere medici e infermieri per aumentare il numero dei letti e riaprire quelli chiusi. A dirlo senza tanti giri di parole è il segretario dell'Anaao Assomed dell'Asl Toscana centro, Franco Nassi alla luce dei 70 pazienti in attesa di un posto letto da oltre 48 ore registrati ieri come pubblicato da Notizie di Prato. Numero record che oggi è persino peggiorato, superando quota 80.
"La situazione è drammatica, siamo vicini al collasso. La Regione deve dare un segnale e sbloccare subito le assunzioni che per il rischio commissariamento ha di fatto bloccato. – afferma Nassi – Non è vero che costa di più. Basta fare le scelte giuste. Ad esempio concentrando gli sforzi sui nosocomi più grandi e sicuri come il Santo Stefano e chiudendo gli ospedalini che non garantiscono nulla come Pescia e Figline. Per non parlare delle tante risorse spese per le prestazioni extra orario".
Il sindacato dei medici dirigenti pone l'accento sul bisogno di dare a Prato e al suo ospedale il dimensionamento che meritano: "In un territorio di 250mila abitanti – prosegue Nassi – il Santo Stefano dovrebbe avere mille letti (a regime ne ha circa 600, ndr) ossia il 4 per mille, che è comunque metà dello standard garantito in Germania. E' il secondo Dea della Toscana dopo Careggi, c'è tutto eccetto cardiochirurgia e neurochirurgia. Merita più attenzione e risorse prima che la situazione precipiti del tutto". Il riferimento va alla fuga dei camici bianchi per i carichi di lavoro insostenibili, soprattutto al pronto soccorso, che mette ancora più sottopressione chi resta: "Non manca lo spazio o gli arredi. Manca il personale. – chiosa Nassi – E' un cane che si morde la coda perché il peggioramento delle condizioni di lavoro fa scappare altri colleghi verso destinazioni meno pesanti e meglio retribuite in rapporto come il medico di medicina generale. Il pronto soccorso doveva essere la culla per il paziente e invece è diventato una pattumiera dove ci si mette di tutto di più perché nei reparti non c'è posto. Il territorio non riesce a fare da filtro sia perché sprovvisto di strutture e personale sia perché la tipologia dei pazienti è cambiata molto. Ci sono tanti anziani con quadri complessi. In un quadro del genere nessuno vuole più restare. Mi chiedo: chi ci curerà domani? La Regione deve intervenire".
"La situazione è drammatica, siamo vicini al collasso. La Regione deve dare un segnale e sbloccare subito le assunzioni che per il rischio commissariamento ha di fatto bloccato. – afferma Nassi – Non è vero che costa di più. Basta fare le scelte giuste. Ad esempio concentrando gli sforzi sui nosocomi più grandi e sicuri come il Santo Stefano e chiudendo gli ospedalini che non garantiscono nulla come Pescia e Figline. Per non parlare delle tante risorse spese per le prestazioni extra orario".
Il sindacato dei medici dirigenti pone l'accento sul bisogno di dare a Prato e al suo ospedale il dimensionamento che meritano: "In un territorio di 250mila abitanti – prosegue Nassi – il Santo Stefano dovrebbe avere mille letti (a regime ne ha circa 600, ndr) ossia il 4 per mille, che è comunque metà dello standard garantito in Germania. E' il secondo Dea della Toscana dopo Careggi, c'è tutto eccetto cardiochirurgia e neurochirurgia. Merita più attenzione e risorse prima che la situazione precipiti del tutto". Il riferimento va alla fuga dei camici bianchi per i carichi di lavoro insostenibili, soprattutto al pronto soccorso, che mette ancora più sottopressione chi resta: "Non manca lo spazio o gli arredi. Manca il personale. – chiosa Nassi – E' un cane che si morde la coda perché il peggioramento delle condizioni di lavoro fa scappare altri colleghi verso destinazioni meno pesanti e meglio retribuite in rapporto come il medico di medicina generale. Il pronto soccorso doveva essere la culla per il paziente e invece è diventato una pattumiera dove ci si mette di tutto di più perché nei reparti non c'è posto. Il territorio non riesce a fare da filtro sia perché sprovvisto di strutture e personale sia perché la tipologia dei pazienti è cambiata molto. Ci sono tanti anziani con quadri complessi. In un quadro del genere nessuno vuole più restare. Mi chiedo: chi ci curerà domani? La Regione deve intervenire".
(e.b.)
Edizioni locali: Prato