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Campi nomadi, il Comune fa partire l’operazione per la loro chiusura definitiva


Si partirà da quello di via Manzoni a Iolo, a seguire quello in via delle Pollative poi viale Marconi e Traversa per le Calvane a San Giorgio. Previsti percorsi di accompagnamento che prevedono anche un contributo una tantum di 6mila euro a famiglia


Redazione


Il piano di chiusura dei quattro campi nomadi di Prato entra nel vivo. Questa mattina, 18 febbraio, il sindaco Matteo Biffoni ha presentato tutti i passaggi di questa svolta storica, tra le prime in Italia, che porterà 240 persone di origine sinti fuori dalla forte emarginazione sociale che contraddistingue queste aree, attraverso dei percorsi di accompagnamento che prevedono anche un contributo una tantum di 6mila euro a famiglia per accedere al mercato immobiliare privato.
L'obiettivo è chiudere il campo di via Manzoni dove vivono 8 famiglie entro il 31 dicembre 2023, anche in vista della realizzazione della terza corsia dell'A11 che corre accanto, e arrivare a buon punto in quello in via delle Pollative che dà ospitalità a 58 persone divise in una decina di famiglie. Nel quinquennio successivo si passerà ai campi di viale Marconi e di Traversa per le Calvane a San Giorgio. Le casette saranno smantellate via via che saranno liberate.
"La scarsa sostenibilità di campi formati ormai 35 anni fa, il fatto che i 250 occupanti siano a tutti gli effetti cittadini italiani, la maggiore consapevolezza, soprattutto tra i più giovani, delle loro condizioni di vita attuali, – spiega il sindaco – rappresentano dei presupposti che, nel medio periodo, possono permettere il superamento dei campi, riportando le persone che abitano questi luoghi ad un percorso di vita meno condizionato e condizionante e ad un maggiore decoro dei luoghi interessati. È una scelta che marchia in maniera importante la civiltà e lo sviluppo della nostra città – ha aggiunto Biffoni – soprattutto se si considera che questa nuova misura apporterebbe un livellamento alla pari di queste persone, delle loro opportunità, dei loro diritti e dei doveri con quelli già in capo a tutti gli altri cittadini".
Oltre a dotarsi di tutor specializzati attraverso un bando, vinto dalla cooperativa Coeso, per rendere operativa la decisione di eliminare i campi nomadi dal proprio territorio, l'amministrazione comunale ha dovuto mettere mano al regolamento per la permanenza nelle aree attrezzate che risale al 1999. Così come è ora, infatti, limita moltissima la possibilità per chi vive nei campi nomadi di accedere al bando per le case popolari e all'emergenza alloggiativa per trovare una sistemazione alternativa, perché l'abitare nel campo viene considerato come un alloggio. Le nuove regole invece tratteranno queste persone come se non avessero sistemazione.
Le modifiche approderanno nel prossimo Consiglio comunale per l'approvazione. "Applichiamo un'uguaglianza sostanziale tra i nostri cittadini. – afferma Simone Faggi, consigliere delegato del sindaco per le politiche legate alla marginalità- Criteri e regole per accedere agli aiuti pubblici saranno uguali per tutti. Siamo contro le modalità repressive e agli slogan inutili. Bisogna metterci la faccia e smetterla di stare dietro alla retorica imperante. Cerchiamo di superare la logica dei campi nomadi con un nuovo modo di rapportarsi che richiede dialogo costante con queste famiglie, la loro partecipazione attiva nell'istruire i percorsi di uscita, rispetto della loro storia millenaria. Dieci anni fa ci saremmo trovati davanti a una fortissima resistenza ma ora c'è voglia di cambiare. Per i più anziani è più complicato, ma le nuove generazioni sono pronte". 
Per questo il nuovo regolamento prevede la creazione di un comitato in cui saranno presenti 4 abitanti per campo, tecnici, esperti e terzo settore. Inoltre ogni comunità nominerà dei referenti per l'amministrazione e saranno redatti dei patti di responsabilità con regole precise da rispettare per poter restare nel campo. Non saranno rilasciate nuove autorizzazioni a chi non sottoscrive questi patti, commette reati e riporta condanne, viene allontanato da altre aree attrezzate. 
Nel regolamento si prevedono una serie di strumenti a sostegno dell'uscita dai campi. Tra questi c'è il contributo una tantum di 6mila euro per la locazione di immobili, ristrutturazione di case proprie o per trovare ospitalità altrove. Sono previsti anche strumenti di accompagnamento al lavoro in progetti con il terzo settore e in percorsi già essere per tutti i cittadini. Per la cifra dell'una tantum si è preso in considerazione il minimo del contributo previsto dal bando Scanso sfratti che va da 6mila a 12mila euro. 
OPPOSIZIONE ALL'ATTACCO

Il consigliere comunale del Carroccio, Marco Curcio, parte all'attacco: "il premio di uscita dai campi nomadi non è la soluzione, ma solo una vergogna e costerà ai pratesi 300mila euro dato che le famiglie sono una cinquantina. Di loro lavora meno del 10% mentre la media italiana è opposta, coi disoccupati e non gli occupati al 9%. I nomadi presenti sono cittadini italiani e devono essere trattati come gli altri, senza privilegi: quando finiranno questi 6.000 euro di bonus, con quali soldi pagheranno l'affitto delle case? Penso che una cosa così sia veramente incredibile, mentre famiglie, commercianti e artigiani sono alla canna del gas dopo la pandemia, il Comune pagherà l'affitto per un anno alle famiglie nomadi e tutto per chiudere i quattro campi che sono da smantellare invece solo perchè insicuri e segno di degrado".
"È assolutamente inaccettabile quello che vuol fare l'amministrazione comunale – commenta invece Patrizia Ovattoni, consigliera d'opposizione -. Ci sono famiglie e imprese che sono alla fame e stanno chiudendo e la giunta pensa di andare a sostenere chi, invece, non ne ha bisogno. Non ci dimentichiamo – sottolinea Ovattoni – che i nomadi presenti a Prato sono cittadini italiani e quindi devono essere trattati come tutti gli altri. Quindi i campi devono essere chiusi ma i loro abitanti, al pari di tutti gli altri italiani, devono andarsi a trovare un lavoro e un alloggio".
(e.b.)
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