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Ogni sei donne che a Prato si sottopongono all’interruzione volontaria della gravidanza, quattro sono straniere. In particolare cinesi (oltre il 40%) del totale, seguite a notevole distanza da albanesi, romene, nigeriane e marocchine. E proprio l’alto numero di donne straniere che scelgono di ricorrere all’aborto fa sì che la percentuale pratese (10,5 per 1.000 donne in età feconda, pari a 596 interruzioni volontarie di gravidanza) sia superiore sia alla media toscana (10,2) sia a quella italiana (9,7). Un dato sul quale sta lavorando l’assessore all’Integrazione Giorgio Silli che con un’associazione che si occupa di donne migranti sta organizzando un convegno nazionale che si svolgerà a Prato il prossimo settembre. “C’è un problema culturale – dice Silli – ed è necessario un grande lavoro informativo nelle varie comunità di stranieri. Purtroppo i dati in nostro possesso lasciano intendere un utilizzo dell’aborto assolutamente sregolato da parte di troppe donne, che lo vedono come un mezzo di contraccezione. Ci sono casi di donne che hanno abortito anche 2-3 volte nel giro di pochi anni, con conseguenze facilmente intuibili anche per la loro stessa salute. Si può essere favorevoli o contrari all’aborto ma mai si può accettare che lo stesso venga utilizzato come metodo di pianificazione familiare”.