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“Fare un film a Prato che parla del tessile è come voler girare a Maranello una pellicola sulla Ferrari. Guai a sbagliare la minima cosa. E noi, per evitare rischi, abbiamo ricostruito pari pari ciò che Prato era negli anni ’50 e ciò che è ai giorni nostri”.Marco Limberti, il regista pratese che ha firmato la commedia Cenci in Cina – interamente girata a Prato – conta i giorni e le ore che lo dividono dall’atteso debutto del film nelle sale, fissato per venerdì 27 marzo, con anteprima al Vis Pathé la sera del 26 marzo. Un debutto che, per pura e fortunata coincidenza, viene a cadere proprio nel momento in cui tutta Italia parla della crisi del Distretto tessile, collegandola, più o meno dirttamente, alla massiccia presenza di cinesi e alla loro economia parallela. Guarda caso, proprio la storia portante di Cenci in Cina. “Non l’abbiamo fatto apposta – mette le mani avanti Limberti – e ne avremmo fatto anche a meno, se poteva servire a risollevare le sorti della città. Però il caso ha voluto che il film, per problemi di distribuzione, sia rimasto fermo qualche mese. Così, adesso, esce proprio nel pieno della bufera del caso Prato, trattando temi quanto mai attuali”.Niente poteri soprannaturali, però, e nemmeno palle di cristallo dove leggere il futuro. “Il fatto è – spiega Limberti – che a Prato la crisi è arrivata prima che altrove e, quando abbiamo scritto il film, i problemi c’erano già. Da parte nostra abbiamo voluto fare una commedia che, come nella grande tradizione del genere, ha preso uno spunto d’attualità per sdrammatizzarlo e farci due risate sopra. Lo so che qualcuno storcerà il naso di fronte all’idea di ridere su temi che sono fonte di angoscia per così tante persone, però è questo lo scopo della commedia e credo rientri nella natura dei pratesi, che anche nelle situazioni più drammatiche riescono a non perdere il loro spirito di toscanacci. E poi, nel film, tra una risata e l’altra, noi la proponiamo una possibile soluzione per arrivare a una collaborazione tra pratesi e cinesi. Quale? Beh, per quella aspettiamo il 27 marzo e scopriamola insieme al cinema”.La pellicola – interpretata da Alessandro Paci, Francesco Ciampi e Man Lo, con la partecipazione di molti altri attori del filone comico toscano, da Novello Novelli a Carlo Monni – si divide tra la rappresentazione della Prato di oggi e quella degli anni ’50. “Filmare le scene d’epoca è stata un’emozione indescrivibile – dice Limberti -. Con il direttore della fotografia Daniele Botteselle abbiamo voluto fare un lavoro filologico, girando in bianco e nero con le tecnologie e lo stile che si usava all’epoca. Per ricostruire la Prato di quel tempo ci siamo affidati a vecchie fotografie. La cosa più bella è che, mentre stavamo filmando, tanti anziani venivano a dirci che avevamo rifatto proprio la Prato che loro ricordavano. Addirittura, per cautelarci avevamo opzionato un vecchio filmato dell’Istituto Luce, girato a Prato nel 1942, che pensavamo di utilizzare per rendere l’idea del periodo, ma alla fine, visto quello che avevamo girato noi, abbiamo rinunciato ad acquistarlo”.E a chi obietta che forse il film rischia di “parlare” solo ai pratesi e di risultare incomprensibile al resto d’Italia, Limberti replica deciso: “E’ vero che il film nasce da un grande atto di amore verso Prato. Ma questo non vuol dire che solo i pratesi lo potranno capire e apprezzare. Anche la storia degli operai siderurgici di Sheffield che, una volta perso il lavoro, si improvvisano spogliarellisti trattava un tema molto locale ma non per questo Full Monty è stata una pellicola limitata ad un solo territorio. Se la storia che un film racconta è bella, allora diventa universale”. Appuntamento allora al cinema, dal 27 marzo, con Cenci in Cina.
Claudio Vannacci