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Al Metastasio va in scena lo “Zio Vanja” di Cechov, il dramma di un uomo che non accetta la modernità


Redazione


Al teatro Metastasio arriva lo spettacolo che lo scorso anno ha riaperto il teatro Carignano di Torino. Il regista Gabriele Vacis ha deciso di accollarsi un fardello infausto chiamato Cechov e portare davanti al pubblico uno spettacolo (ma soprattutto un uomo) che forse non vorremmo vedere, tanto ci somiglia. Da oggi, mercoledì 3 febbraio alle ore 21, sarà in scena allo Stabile della Toscana di via Cairoli “Zio Vanja”, pièce tratta dal dramma in quattro atti di Anton Cechov.La trama ha il suo inizio nella casa di campagna ereditata dal professor Serebrjakov, cognato di zio Vanja e padre di Sonia. La prima moglie, sorella di Vanja, è deceduta e il professore si è risposato con Helena, vivendo con i redditi percepiti proprio dai terreni della prima consorte, gestiti dal protagonista della nostra vicenda. Tra amori (nemmeno troppo entusiasmanti) e vicissitudini di vario genere, Serebrjakov comunica a Vanja che è intenzionato a vendere il podere e questo fa uscire fuori tutto il temperamento del povero zio, che alla fine tenta di uccidere il professore con dei colpi di pistola, che miseramente non andranno a segno. Alla fine l’agiato ereditiere e Helena torneranno in città, lasciando a Vanja la possibilità di continuare ad amministrare la tenuta.Così come buona parte dei narratori russi di questo periodo (permettetemi di citare un Goncarov o un Dostoevskij) anche Cechov parla del suo mondo, della Russia che stenta ad abbandonare il modo di vivere feudale per abbracciare una modernità sconosciuta. I personaggi sono macchiette drammatiche, figurine che non possono liberare il loro essere tanto sono ingabbiate dal mondo e dagli eventi. Inetti dall’esistenza deprimente, che però ci aiutano a capire bene un lato del nostro essere che spesso e volentieri ci relega nell’inanità dell’esistenza. Lo Zio Vanja non riesce a procedere, non vive ma sopravvive quasi per inerzia, aggrappato selvaggiamente alle consuetudini della ruotine quotidiana. Solo raramente riesce a esternare tutta la pressione che ha dentro e quando accade, il tutto si risolve in un bersaglio sbagliato.Una buona rappresentazione, che trasmette tutta la pressione e il pathos che si riflettono incessantemente in tutti i personaggi dell’opera. Da apprezzare soprattutto Eugenio Allegri, che interpreta magistralmente il protagonista, e il regista Gabriele Vacis, che ha dato una rilettura molto attuale del testo.

Elia Frosini

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