Dopo la pausa natalizia, la fabbrica della cultura di Prato si rimette in moto a pieno regime e ci regala uno spettacolo, frutto del genio di Natalia Ginzburg, che sarà in scena al Fabbricone da stasera mercoledì 13 a domenica 17 gennaio, ore 21. “L’intervista”, opera della grandissima scrittrice italiana, è una riflessione su ciò che non siamo, su ciò che non vogliamo (parafrasando in qualche modo il Montale di “Non chiederci la parola”).Nel 1978 Marco Rozzi, giovane e intraprendente giornalista, si reca nella casa di campagna di Gianni Tiraboschi, importante studioso, molto ammirato dal cronista in erba, per fargli un’intervista. Purtroppo ad accoglierlo troverà solo Ilaria e Stella, la compagna e la sorella dell’uomo. Rozzi non si perde d’animo e attende il suo ritorno, cercando di ingannare il tempo discutendo con Ilaria. Ne nasce involontariamente un rapporto intimo che porta i due a confessare le loro ambizioni e i loro sogni. A distanza di un anno la scena si ripete e il protagonista, non riuscendo ancora una volta a trovare il Tiraboschi a casa, torna a intrattenere con la sua compagna discorsi intensi sulle speranze, i sogni e le sconfitte della vita. L’incontro tra i due uomini si realizzerà solo dieci anni dopo, ma sarà troppo tardi: Marco avrà abbandonato il giornalismo e Gianni si sarà ritirato dalla vita politica a causa di una crisi depressiva. E’ una storia che, se ci concentriamo e puntiamo lo sguardo, ci troviamo davanti, con la sua sfrontatezza e la sua fragilità. E’ una storia che ci appartiene, anche se per molti versi vorremmo tenerla chiusa in un cassetto. E’ la storia degli anni che vanno dal 1978 al 1988: anni fondamentali per un’Italia come quella che stiamo vivendo, “in cui tutto si dissipa e muore e ciò che resta è il desiderio confuso di mettere in salvo qualcosa che è stato bello e nobile, qualcosa che è degno di sopravvivere alla distruzione”, come ci dice la stessa Ginzburg nell’introduzione alle sue commedie curata per Einaudi.Una pièce complessa nella sua estrema potenza espressiva, che nell’atmosfera rarefatta plasma personaggi che non sono niente, se non sconfitti in atto o in potenza, salvati solo dalla luce di ciò che ognuno di loro ha cercato di fare, anche se questo non può certo essere chiamato vittoria. Attori che rappresentano vite intere, imprigionate in un’afasìa e defraudate di un intero futuro. Uno spettacolo per capirsi e per capire.Con Maria Paiato e Azzurra Antonacci, regia di Valerio Binasco.
Elia Frosini