Poche sono le statue che adornano Prato e ancor meno sono quelle di cui si conosce con esattezza la storia che ha portato ad erigerle. I pratesi si sono interrogati per qualche anno sul significato del “buco” di Moore che fa bella mostra di sè in piazza San Marco, ma presto hanno imparato a considerare quel sinuoso blocco di marmo come parte della città al pari degli altri monumenti e han smesso di farsi domande continuando a girarci attorno con le auto come se fosse sempre stato lì. Poco più avanti il monumento ai caduti, l’obelisco di piazza San Francesco che ammicca a fasti romani, il Datini in quella del Comune mentre in un angolo di piazza del Duomo campeggia la austera figura di Giuseppe Mazzoni. Se non fosse per un recente anniversario (sono passati 200 anni dalla nascita nel 2008) la memoria di quest’uomo sopravviverebbe oltre che nella statua solo nel ricordo di pochi cultori di fatti storici e nel nome di una celebre scuola media dalla quale ogni anno vengono sfornate decine di studenti che “vanno alla Mazzoni” ma non si sognano neppure di chiedersi chi fosse costui. Un vecchio preside, forse?Non c’è da sorprendersi molto, in un’epoca come la nostra insofferente ai miti che hanno accompagnato i nostri nonni e che sostituisce alla memoria dei “padri della Patria” la volatilità dei personaggi del gossip e della televisione. E dire che questo Mazzoni era non solo una personalità ma anche un bel rompiscatole, uno dalla vita avventurosa e poco incline a piegarsi ai compromessi. Profondamente democratico, partecipò ai moti rivoluzionari del 1848 e 49 facendo una carriera politica che lo portò a rivestire il ruolo di triumviro della toscana dopo la fuga del granduca. Ovviamente quando il granduca riuscì a tornare a Mazzoni non restò che scappare a sua volta, girando diverse città europee e maturando quindi una certa esperienza internazionale. Tornato in Italia fu eletto alla Camera e al Senato del Regno, distinguendosi per le sue posizioni assolutamente rigorose. Per inciso fu anche il grande capo della Massoneria e i suoi funerali, che si svolsero a Prato nel 1880, furono descritti dai cronisti dell’epoca come dei veri e propri funerali massonici, con un corteo funebre che percorse tutte le principali vie della città, i dignitari massoni nelle loro variopinte vesti, le bande cittadine, gli studenti del Convitto Cicognini, una folla enorme ai lati delle strade e le signore che dalle finestre gettavano fiori sul carro funebre. E dire che fu proprio Mazzoni a fondare quella Loggia Propaganda che aveva come scopo il riunire i massoni che si trovavano temporaneamente a Roma con incarichi istituzionali e non potevano frequentare le sedi di origine. Questa stessa Loggia fondata da un pratese, un secolo dopo fu portata agli onori nefasti della cronaca col nome leggermente cambiato di Propaganda 2 (o “P2”) per i buoni uffici di un pistoiese, tal Licio Gelli. Come se la Storia volesse divertirsi a confermare il vecchio detto pratese che nella perfidamente graffiante ironia toscana recita: “burrasche e donne di male affare vengon da Pistoia…”.
Filippo Bressan
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