Ho avuto la possibilità di vivere in prima persona il clima elettore e il momento delle elezioni vere e proprie. Elezioni che si sono svolte nella nostra città, così come in tutta Italia, e che hanno portato, non solo a un ballottaggio storico per Prato, ma anche scompiglio e agitazione, tutto ciò per riuscire ad accaparrarsi le benevolenze dei votanti. E’ per questo che mi sono domandata quale sia il comportamento e quali siano i meccanismi di pensiero che gli elettori mettono in atto….Non è che io voglia o sia in grado di predire il futuro delle scelte elettorali; la mia vuole essere una riflessione, una proposta o meglio ancora sarebbe se fosse una sorta di provocazione per riuscire a chiarire il fenomeno elettorale. Da un punto di vista psicologico gli elettori rappresentano quella che in gergo viene definita “folla elettorale”, cioè una sorta di collettività che viene chiamata ad eleggere, in prima persona, un insieme di persone o un singolo che dovrebbero essere i tutori di certe funzioni pubbliche, nel rispetto delle regole della convivenza. Ma chi è che ci insegna ad essere parte della folla elettore? O meglio da dove apprendiamo il nostro dovere di cittadino di andare a votare? Questo dovere che ogni cittadino ha, fa parte di quel più ampio senso civico che rappresenta l’amore per la vita politica che dovrebbe essere insegnato ai giovani e che rappresenta il nostro personale contributo alla partecipazione della vita della città.Il senso civico non lo si impara solo nelle scuole; l’essere umano infatti, già alla sua nascita è portatore di un diritto, quale quello di avere un’identità, che lo rende una vera e reale e che lo lancia nella società in cui vive. Successivamente, con l’inserimento prima nel mondo della scuola e poi nel mondo del lavoro, l’uomo affronta una specie di “palestra di vita”: anche in queste situazioni noi siamo in grado di far sentire la nostra voce che rappresenta i nostri valori, i nostri ideali e ciò in cui crediamo. La prima fonte di apprendimento per la vita politica resta comunque la famiglia ,che è in grado di riprodurre, in scala ridotta, tutte le dinamiche della società e della collettività, per cui la gestione di una famiglia potrebbe essere assimilata a quella di uno Stato: anche qui dovrebbe vivere il buon senso civico, con il rispetto degli spazi propri e altrui, nel riconoscimento di equo di stessi diritti e doveri. Se in famiglia avremmo dovuto aver sviluppato un buon senso civico come mai alcuni elettori preferiscono non esprimere il proprio voto?L’esprimere il proprio voto rappresenta la scelta finale che è la sintesi e il risultato di un processo decisionale in cui sono inseriti molti fattori che scaturiscono sia dalla scelta di votare sia nell’esprimere la propria astinenza al voto: in primo luogo siamo portati a fare una ponderazione fra vantaggi e svantaggi, in secondo luogo prendiamo in considerazione chi potrebbe produrre i cambiamenti sociali desiderati e infine abbiamo una tendenza a non rischiare per cui chi ha dei punti fermi come elettore difficilmente si lascerà influenzare dal nuovo, per cui si consolidano nella memoria argomenti a favore della propria scelta elettorale. Cosa differisce chi esprime il proprio voto da chi si astiene? Alla base della scelta giocano gli stessi fattori espressi in precedenza, la sola cosa che li differenzia è che scegliere di non votare è vissuto come un proprio rifiuto o protesta verso chi dovrebbe rappresentare i propri valori, per cui io non voto perché se nessuno è in grado di rappresentarmi come ideologia preferisco risolvermi le mie piccole problematiche solo. Questo modo di agire può andare bene se le problematiche sono di semplice soluzione ma essendo le questioni politiche piuttosto spinose e di difficile soluzione forse è meglio affidarsi a chi conosce tali meccanismi.
Eva BoganiPsicologa([email protected])
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