E' una tabella di marcia serratissima, fatta di azioni giudiziarie ma anche di clamorose proteste nel giorno più importante dell'anno per i pratesi, quella che le funzioni pubbliche della Cgil e Uil hanno annunciato oggi contro i due licenziamenti in tronco al Centro Pecci.
Ieri la notifica della lettera a un membro dello staff, oggi a una dipendente part time dell'amministrazione dell'ente culturale di viale della Repubblica. Licenziamenti che saranno impugnati per comportamento antisindacale. Cgil e Uil hanno ribadito infatti, che non solo non è stata rispettata la procedura prevista dal contratto di Federculture ma anche che nell'ultimo contatto formale del 31 luglio sono stati rassicurati sulla salvaguardia dei posti di lavoro rispetto ai problemi di bilancio dell'ente. “Nessuno a Prato può pensare di fare da solo le scelte sulle spalle dei lavoratori” ha esordito Alessio Bettini, funzionario Cgil con delega a enti locali e federculture. La collega della Uil Patrizia Pini ha sottolineato che la natura dell'ente rende ancora più grave il fatto: “Se un ente pubblico licenzia così, cosa può accadere nel privato?”. Ecco dunque perché la risposta sarà massiccia.
Si comincia il 4 settembre con l'assemblea dei lavoratori che decreterà lo stato di agitazione e si prosegue poi con varie forme di protesta che potrebbero toccare l'apice l'8 settembre, festa della città, fino anche a sfilare nel Corteggio storico che la sera attraverserà il centro. E se per caso i vertici del Pecci pensano di evitare tutto questo convocando i sindacati a un tavolo, sappiano che c'è una condizione imprescindibile per mettersi a sedere: “Prima si revocano i licenziamenti – chiariscono Bettini e Pini – poi si apre il tavolo”.
Ci sono tante domande che le due sigle sindacali rivolgono al cda del Pecci spulciando i bilanci. Intanto quanto lo scontro legale con l'ex direttrice Cristiana Perrella abbia pesato sul dissesto dei conti e come si sia concluso l'eventuale accordo di cui si sente parlare sulla causa di lavoro da lei presentata; perché si è pagato due direttori nei primi tre mesi del 2022; se la riorganizzazione ha portato più visite e se sono stati sforati i budget; se il risparmio di 100mila euro sul personale ottenuto tra il 2020 e il 2021 con pensionamenti non reintegrati, sia stato assorbito dallo stipendio del nuovo direttore a cui tra l'altro è applicato il contratto del commercio e non quello di federculture come agli altri dipendenti. I sindacati temono anche che l'uso di personale a partita Iva con unico referente il Pecci, esponga l'ente a nuove cause di lavoro. Tra l'altro ne emersa un'altra, presentata da una dipendente licenziata un paio di anni fa e per cui il Pecci ha accantonato 50mila euro. “In pochi giorni hanno vanificato gli sforzi comunicativi sul nuovo allestimento e sulle future mostre. Il danno d'immagine è enorme. Dopo la stagione della crisi, circa dieci anni fa, – spiegano Bettini e Pini -siamo sempre riusciti a trovare degli accordi proprio perché frutto di un confronto con l'ente basato su trasparenza e informazioni certe. E' una battaglia di civiltà di tutta la società”. Una battaglia su cui i due sindacati si aspettano un contributo fondamentale dei soci del Pecci, Comune e Regione: “L'azione di governo – affermano – si misura ora, su come si comporteranno ora amministrazione comunale e politica tutta”.
Licenziamenti al Pecci, i sindacati impugnano il provvedimento e minacciano clamorose proteste
Cgil e Uil contestano il comportamento antisindacale: "Impensabile che un ente pubblico faccia queste scelte sulle spalle dei lavoratori". Chieste informazioni su quanto sia costato lo scontro legale con la ex direttrice
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(e.b.)
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