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C’era anche l’Unione Industriale Pratese all’incontro organizzato mercoledì scorso a Milano, in Assolombarda, dai parlamentari europei Cristiana Muscardini e Gianluca Susta. Scopo della riunione fare il punto sullo stato del regolamento sul made in per i prodotti importati nell’Unione Europea: la bozza di regolamento è infatti stata ripresa in esame, dopo una lunga stasi, dal Comitato 133, cioè dall’organo tecnico costituito dai Ministeri delle Attività Produttive dei paesi membri della UE. Muscardini e Susta, rispettivamente vicepresidente e membro della Commissione Commercio Internazionale, si stanno occupando del tema “made” in in un’ottica bipartisan che appare molto positiva e produttiva, come dimostra il taglio pragmatico dell’incontro di Milano.“Il quadro che è emerso non lascia certo tranquilli – commenta Riccardo Marini, presidente dell’Unione Industriale Pratese, presente all’incontro assieme al direttore dell’associazione Marcello Gozzi -. Gli scogli rappresentati dagli orientamenti di alcuni fra i più influenti paesi europei si sono solo in parte ridotti. Quella in atto è una complessa partita di dare e avere sul piano della diplomazia economica. Sono in gioco da un lato l’area di libero scambio con la Corea, con effetti soprattutto sull’auto, e dall’altro settori orientati a favore dell’obbligo di etichettatura di origine, quantomeno per i prodotti importati. Fra questi, il tessile-abbigliamento è il più a rischio di esclusione: un’eventualità contro la quale ci stiamo battendo con determinazione. Apprezziamo la posizione ‘o tutti o nessuno’ adottata da Confindustria e naturalmente sostenuta da SMI.”Nel migliore dei casi, comunque, almeno in prima istanza a rientrare nel regolamento sull’obbligo di etichettatura per i prodotti importati sarebbero solo i prodotti finiti, quindi, nel caso della moda, abbigliamento e maglieria. Il tutto con un periodo di prova di 3 anni e con verifica alla scadenza. “La limitazione ai prodotti destinati al consumatore finale non è del tutto soddisfacente perché lascia sostanzialmente fuori tessuti e filati – conclude Marini -. Però attualmente l’unica via percorribile è provare a conquistare almeno questa ‘testa di ponte’: abbiamo verificato senza possibilità di dubbio che posizioni diverse, che mirassero fin da subito alla filiera, scatenerebbero l’esclusione dell’intero settore. Viceversa, se riusciremo a conquistare l’obbligo di etichettatura per i prodotti finali, possiamo sperare che il passo successivo sia la tracciabilità: il nostro obiettivo è quello, e non lo perdiamo di vista nemmeno quando siamo costretti a negoziare inevitabili soluzioni di compromesso.”
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