Dalla rilevazione congiunturale condotta dal Centro studi di Confindustria Toscana Nord sul 2° trimestre 2020, emerge un quadro caratterizzato dal segno negativo sia per quanto riguarda la produzione sia gli ordini. Nell'area Lucca-Pistoia-Prato la produzione ha segnato una contrazione del 20,2% rispetto allo stesso periodo del 2019, fra le tre province la maglia nera tocca a Prato con il -33,9% e una diminuzione degli ordini del 33,6%.
Scindendo ulteriormente i dati, per il distretto tessile la produzione è calata del 37, 4%, per l’abbigliamento e la maglieria del 39%, male anche la metalmeccanica (-20,9%). Sul fronte della raccolta ordini rispettivamente si registra -33,8%, – 36,1% e – 39,6%. Poco incoraggianti anche le prospettive per il futuro: gli imprenditori continuano a rimanere moderatamente pessimisti
“A settembre – ha commentato Francesco Marini vicepresidente di Confindustria Toscana Nord – con la ripresa delle fiere dovremmo assistere a una ripartenza della moda, anche se non ci facciamo illusioni su impennate del tutto improbabili. Del resto quando insistevamo per accelerare la riapertura degli stabilimenti abbiamo sempre precisato che era necessario farlo per portare a compimento gli ordinativi arrivati precedentemente al lockdown e per presidiare mercati che immaginavamo già esigui e pertanto da curare con estrema attenzione”
In un quadro compromesso, dove le imprese hanno bisogno di liquidità, il bando regionale per gli incentivi all’acquisto di servizi a supporto dell’internazionalizzazione finanziato dai fondi europei si è esaurito nel giro di poche ore. Unica nota positiva è l’aumento di tre sezioni del tessile all’Istituto Buzzi, nuova linfa per il distretto. "La pandemia- spiega Marini – ha spinto le imprese a rivedere parte della propria organizzazione interna e di orientamento al mercato, con la conseguente necessità di acquisire nuove competenze, ora serve una semplificazione e sburocratizzazione del sistema della formazione professionale.”
Se il tessile piange l’edilizia non ride, dallo studio è emerso che da gennaio a maggio si è registrata una perdita del il 28% di ore lavorate, mentre sono state chiuse il 3,3% delle imprese.