Li definisce "numeri da economia bellica", Enrico Fabbri, il ricercatore del Pin che con il collega Dimitri Storai ha redatto il secondo rapporto dell'Osservatorio sulla crisi pandemica nella provincia di Prato istituito dalla Cgil di Prato. E in effetti la riduzione del 60% della produzione industriale nel mese di aprile (che si abbassa a quasi il 40% se si allarga al trimestre febbraio-aprile) fa tremare i polsi perchè è ben al di sopra del dato toscano (49,6%) che a sua volta è maggiore di quello nazionale (42,5%).
Questo dipende dalla specializzazione produttiva della provincia che ha maggiormente risentito delle misure restrittive antiCovid. Pesante anche il calo delle esportazioni che nel primo trimestre del 2020, rispetto allo stesso periodo del 2018, scendono dell'8% e hanno un valore complessivo di quasi 563milioni di euro. A pagare il prezzo più alto sono filati, tessuti, maglieria e meccanotessile. D'altronde l'emergenza Covid ha colpito per primi i mercati europei ed asiatici che pesano moltissimo nell'export delle imprese pratesi. Giù anche le importazioni che nel primo trimestre segnano 10 punti percentuali in meno e si fermano a poco meno di 338 milioni di euro.
Più complessa ma non meno preoccupante la lettura dei dati sul mercato del lavoro che a causa del blocco dei licenziamenti attuato dal governo, nel secondo trimestre appare "congelato". Gli unici movimenti sono da imputare ai mancati rinnovi dei contratti a termine o alle mancate trasformazione in tempi indeterminati (-33%). Nonostante una riduzione di oltre il 47% degli avviamenti, il saldo è positivo. Questo fenomeno è legato alla cosiddetta resilienza delle imprese tessili che migliora notevolmente rispetto al primo trimestre. In sostanza, per evadere tutti gli ordini ricevuti prima del lockdown, le aziende hanno avuto necessità di quella manodopera persa nel periodo di chiusura con il mancato rinnovo dei contratti a termine. Una spiegazione che trova conferma nell'aumento del lavoro somministrato (comunque inferiore al 2019) e nella sua durata. Non troviamo rimbalzo occupazionale invece, nel lavoro domestico (badanti e colf) sia per la paura del contagio che per il peggioramento delle condizioni economiche della famiglia, nelle attività associative e in quelle legali (per la chiusura dei tribunali).
Vediamo ora l'uso degli ammortizzatori sociali che secondo la Cgil a Prato è stato fatto correttamente senza furbizie. La metà della forza lavoro è passata dalla cassa integrazione, per quasi 10 milioni di ore da gennaio a maggio (di queste 5 milioni sono cassa ordinaria per circa 37 mila lavoratori, un milione e 700 mila le ore di cassa in deroga, per 8.939 lavoratori coinvolti e più di 2 milioni le ore autorizzate dal Fondo di integrazione salariale per quasi 15mila lavoratori).
A queste si aggiungono le 2.290 domande al fondo di solidarietà bilaterale per l’artigianato per poco più di 10 mila lavoratori.
Infine diamo un'occhiata al Reddito di cittadinanza (non comprende le pensioni di cittadinanza), chiaro indicatore dell'impoverimento della popolazione. Le famiglie (1.918) che vi hanno fatto ricorso nei primi cinque mesi dell’anno sono aumentate del 6,1% rispetto allo stesso periodo 2019 (1.808), con il numero delle persone coinvolte cresciute, conseguentemente, nel 2020 (4.880, + 3,3%) rispetto al totale delle persone coinvolte nel 2019 (4.726).
"In sostanza ai poveri del 2019 si sono aggiunti quelli del 2020 – conclude Fabbri – sia perchè i percettori del reddito di cittadinanza sono difficilmente collocabili nel mercato del lavoro sia perchè la pandemia ha peggiorato le condizioni economiche della popolazione. Ci sono però ampi margini di miglioramento del sistema di intervento basato sulle politiche attive del lavoro e interventi dei servizi sociali del Comune."
Scenario da guerra per l’economia pratese: dati peggiori della media italiana e toscana
Numeri impietosi nel secondo rapporto dell'Osservatorio sulla crisi pandemica istituito dalla Cgil e realizzato dai ricercatori del Pin: produzione industriale giù del 60% ad aprile. Crescono le persone che chiedono il reddito di cittadinanza
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E.B.