Continua l’odissea dei malati Covid, che nonostante l’assenza di sintomi dopo 21 giorni non si sono negativizzati. Questa volta, a rendere difficile la situazione sono i datori di lavoro, che non sempre accettano la certificazione dell’Asl, ma chiedono prima di rientrare che il tampone sia negativo e nel frattempo i lavoratori sono costretti a utilizzare le ferie perché questo periodo non viene riconosciuto come malattia.
“Alla base- spiega Lorenzo Pancini segretario provinciale della Cgil – un’interpretazione del Dpcm del 3 novembre in rapporto alla normativa che, invece prevede la fine della quarantena dopo 21 giorni di cui gli ultimi quattro senza sintomi. E’ comunque inammissibile che i lavoratori debbano ricorre alle ferie o ai permessi. E’ anche capitato che avendo finito la disponibilità di entrambi siano stati lasciati a casa senza né copertura salariare ne contributiva con il rischio di licenziamento perché assenti ingiustificati. Abbiamo segnalazioni anche di lavoratori riammessi ma poi sono i colleghi a fare ostruzione, preoccupati di un contagio”.
Una situazione che, però, non riguarda soltanto i lavoratori pratesi ma in generale quelli toscani tanto che la Cgil regionale ha chiesto al ministero del lavoro di fare chiarezza sulla questione. A questo si aggiunge un altro problema che riguarda la messa in quarantena preventiva da parte del datore di lavoro, senza che sia partita l’indagine epidemiologica dell’Asl. “Anche in questo caso non ci sono tutele per il lavoratore – spiega Pancini – sulla questione abbiamo interessato anche il prefetto. Serve una maggiore regolamentazione e chiarezza “.
Quarantene lavoratori, il sindacato accusa: “Certe aziende costringono i dipendenti a usare le ferie”
Nel mirino della Cgil la richiesta fatta ad alcuni lavoratori di aspettare il tampone negativo anche trascorsi i 21 giorni, senza però poter utilizzare la malattia per questo periodo
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