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Prato ha la più alta incidenza in Toscana di disoccupazione in rapporto alle forze di lavoro nel primo trimestre 2010. “Un primato per la provincia di cui non si può andare fieri, ma che ancora una volta fotografa nitidamente gli effetti che la crisi ha avuto sul territorio e sul distretto, mostrando come abbia colpito di più rispetto a tutte le altre province toscane”. A dirlo, questa mattina, è stata la vicepresidente della Provincia Ambra Giorgi presentando a palazzo Novellucci il primo report 2010 sul mercato del lavoro. E proprio il rapporto fra forza lavoro e mobilità a Prato era una delle carte che Ambra Giorgi aveva da giocare al tavolo del sottosegretario al Lavoro Pasquale Viespoli incontrato ieri per discutere delle risorse da destinare a Prato. “Fra 2009 e 2010 saranno circa 2.700 le persone senza lavoro e senza alcun sostegno al reddito – ha detto Giorgi – Di questi lavoratori ci dobbiamo occupare subito, faremo pressione sul ministero perché le risorse ci siano assegnate presto”.Il report prende in esame i flussi (cioè il movimento dei contratti) del primo trimestre 2010 mettendolo a confronto con lo stesso periodo del 2009 (e anche più indietro) consentendoci una visione parziale ma aggiornata del mercato del lavoro. I numeri fotografano una situazione ancora con molte ombre, ma anche qualche spiraglio di luce. Per esempio i numeri dell’ingresso in mobilità e degli accordi che prevedono la cassa integrazione straordinaria sono leggermente migliorati rispetto al primo trimestre 2009, è ripresa la movimentazione dei contratti, un segno di vitalità che il distretto aveva perso negli ultimi mesi, è leggermente positivo il saldo fra avviamenti e cessazioni in tutti i settori e torna e crescere anche il numero dei contratti sottoscritti. Ma aumenta l’utilizzo del part time e i settori classici dell’economia pratese avviano sempre meno addetti, mentre il contratto a tempo indeterminato raggiunge livelli sempre più bassi e la durata dei contratti a termine è mediamente inferiore all’anno (quindi il reddito percepito è sempre inferiore a un equivalente contratto a tempo indeterminato). “Sul lavoro precario avvieremo un’analisi approfondita – hanno detto Giorgi e Piero Ganugi di Asel – che ci permetta di sapere se e come il lavoro a tempo diventa lavoro stabile e viceversa, prendendo in esame un certo numero di anni”.