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La beffa delle mascherine per le imprese del distretto: “Finita l’emergenza, abbandonati dalle istituzioni”


Ranaldo (Pointex) si fa portavoce del malcontento: "Quando servivamo, il governo ci ha implorato di riconvertire la produzione, ora siamo tornati ai bandi fatti a misura per le importazioni dalla Cina"


Redazione


Qualcuno potrebbe fare riferimento alla tradizione popolare con il detto "fatta la grazia gabbato il santo"; qualcuno potrebbe invece rifarsi alla lettura rosa e parlare di "sedotti e abbandonati". Resta il fatto che monta la rabbia e la delusione tra i tanti imprenditori del distretto che, in piena emergenza, avevano riconvertito parte della loro attività per realizzare i preziosi (e allora introvabili) dpi, vale a dire mascherine e camici.
Il motivo lo spiega uno di loro, Marco Ranaldo, titolare della Pointex: "Da qualche settimana – dice -, finito il regime di emergenza, tutti gli acquisti degli enti pubblici e della pubblica amministrazione vengono nuovamente effettuati mediante dei bandi, cosi come accadeva prima del Covid 19. E come succedeva allora, ecco che di nuovo per un imprenditore italiano è impossibile aggiudicarsi la commessa".
Il motivo è presto detto: i prezzi che riescono a fare i concorrenti dalla Cina non sono alla portata delle nostre aziende.
"Prima del Covid 19 – prosegue Ranaldo – non esisteva praticamente più in Italia nessuna produzione nazionale di mascherine, né di altri tipi di indumenti per la protezione individuale  disintegrata negli anni dalle importazioni selvagge, specie dal gigante cinese che la faceva da padrone in Italia e nel mondo. Durante il Covid abbiamo avuto modo di verificare sulla nostra pelle che, quando l’Italia ha avuto bisogno di questi materiali e gli stessi materiali servivano anche al paese produttore , nella fattispecie la Cina,  ci siamo dovuti arrangiare, perché il materiale non arrivava e se arrivava era di qualita scadente e ci veniva venduto a prezzi strabilianti. In altre parole hanno pensato per sé stessi e quando ci hanno mandato materiale lo hanno fatto speculando vergognosamente sui prezzi e spesso anche sulla qualità". 
Ecco, quindi, che il Governo, di fronte al disperato bisogno di avere dpi da distribuire ai sanitari impegnati in prima linea e alla popolazione, ha dovuto attivare con urgenza una regolamentazione "in deroga" per far partire in tutta fretta una produzione nazionale che potesse far fronte alla emergenza.  "Il Governo – prosegue Ranaldo – ha, in mille modi ed in piu riprese, stimolato, incentivato direi pregato chiunque ne avesse avuto la possibilità ad attivare produzioni di mascherine promettendo contributi economici (nel nostro caso mai attivati), ma soprattutto illudendoci che poi, una volta finita la pandemia , avrebbe sostenuto questa nuova industria del medicale dandole la possibilità di continuare a fornire la pubblica amministrazione con una attenzione particolare. Cioè ha detto: investite i vostri soldi, riconvertite o ampliate le vostre produzioni velocemente perché esiste un problema contingente, ma non temete il vostro impegno sarà in qualche modo premiato con la possibilità di continuare le produzioni anche dopo la fine della emergenza in quanto non ci vogliamo più trovare, in casi simili, nelle mani di produttori lontani e, aggiungo, senza scrupoli".
La realtà, alla prova dei fatti, si è rivelata invece molto diversa: "I bandi di fornitura che si sono aperti dopo la fine della emergenza – dice Ranaldo – sono esattamente strutturati come  quelli di prima del covid. Tutti a pro importazione.  Tanto che, per esempio, anche l’ultimo bando Estar della scorsa settimana è stato assegnato a 5 aziende importatrici. Neanche una mascherina verrà prodotta né in Toscana, né in Italia. Come questo anche altri quattro bandi ai quali abbiamo partecipato nelle ultime due settimane".
"Tutti possono capire – aggiunge l'imprenditore -che un materiale prodotto in Cina costa meno di uno prodotto in Italia  nel caso specifico la differenza tra le offerte di un produttore ed un importatore non erano superiori al 10/15% , ma quello che tutti non sanno è che, mentre una produzione nazionale può essere controllata in ogni momento della filiera e chi la produce ne è responsabile, una mascherina di importazione non può essere controllata se non mandando gli organi competenti nei luoghi di produzione. Pura fantasia".
"Sarebbe interessante – dice ancora Ranaldo – chiedere agli Italiani se preferirebbero comprare una mascherina prodotta in Italia, ad esempio a 0,03/ 0,05  centesimi in più, consapevoli che questo in qualche modo comunque aiuta a sostenere una produzione nazionale, oppure favorire una importazione selvaggia e speculatrice da paesi come la Cina  senza nessun controllo efficace della qualità!  Credo che sarebbe opportuno e giusto, per tante ragioni, che la politica e le Istituzioni locali intervenissero su questo tema, verificando e modificando la stesura dei bandi in modo da attribuire alle produzioni nazionali un piccolo bonus, che possa compensare il gap Paese e dia ai produttori nazionali  un leggero vantaggio sugli importatori (con tutto il rispetto per gli importatori corretti)".
Il risultato, ad oggi. è che le imprese che, aderendo agli inviti del Governo, nel momento del bisogno hanno investito in queste produzioni sono deluse, frustrate , arrabbiate ed amareggiate perché ancora una volta si sentono tradite dalle stesse istituzioni che – come dice Ranaldo "ancora una volta le hanno prima illuse e poi abbandonate".
Edizioni locali: Prato
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è una testata registrata presso il Tribunale di Prato
(N° 4 del 14/02/2009)
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