136
Un altro pezzo storico del distretto pratese sta per chiudere definitivamente i battenti. Il lanificio Draplane è infatti in procinto di essere messo in liquidazione, mentre per tutti i dipendenti, che da quattro mesi non ricevono lo stipendio, i sindacati stanno cercando di far scattare le procedure di cassa integrazione. Ma la vicenda Draplane è emblematica del momento che sta attraversando il tessile pratese. L’azienda, infatti, come sostengono i dipendenti non chiude per mancanza di ordini ma solo per la cattiva gestione che ne ha caratterizzato gli ultimi anni. “In una situazione di crisi del distretto tessile – accusano senza mezzi termini i dipendenti – quello che più ci sorprende e ci lascia di stucco è il fatto che un’azienda sia stata costretta a chiudere con gli ordini in mano e che si permetta a certe persone di continuare a provocare danni e a mettere in mezzo alla strada intere famiglie. Persone che poi restano impunite e anzi gli viene permesso di continuare a fare ciò che vogliono, quando basta oltrepassare il confine italiano e vedere che chi commette certi errori sicuramente li paga e, soprattutto, non ha più la possibilità di commetterne altri”. Il riferimento dei dipendenti Draplane è a Simonello Marchesini al quale un paio di anni fa l’azienda è stata ceduta dalla famiglia Bellucci, storica proprietaria della Draplane. A dire il vero il nome di Marchesini non figura mai, visto che la società risultava ceduta alla Undated, dietro la quale però c’era proprio Marchesini. “Un personaggio – aggiungono i dipendenti – conosciuto a Prato per avere già combinato guai con il Lanificio del Casentino e il lanificio Bistoffe”. La cessione della Draplane, poi, sempre secondo i dipendenti sarebbe avvenuta dopo che i suoi capitali erano stati utilizzati dai Bellucci per creare nuove aziende. La situazione è precipitata da metà gennaio 2010 quando Marchesini è di fatto scomparso lasciando l’azienda nelle mani dell’attuale amministratore. A quel punto i dipendenti, nonostante non percepissero lo stipendio da dicembre, hanno provato in tutti i modi ad onorare i numerosi ordini in portafoglio, ma l’impresa si è rivelata impossibile per la difficoltà a rispettare le commesse visto che i fornitori avevano perso fiducia nell’azienda a causa delle fatture puntualmente non pagate. Ecco quindi l’ultimo, doloroso, passo della liquidazione e della cassa integrazione per tutti i dipendenti.