Il Buzzi si conferma una scuola che prepara sempre più gli studenti ai percorsi universitari piuttosto che al mondo del lavoro, ma chi decide di non continuare gli studi per il primo impiego non ha grado aspettative: è disposto ad accettare forme contrattuali flessibile e stipendi non elevati . A dirlo il rapporto sul mercato del lavoro del Cogefis realizzato su un campione di 136 studenti intervistati nell’anno scolastico 2022/23. Il 67% degli intervistati ha dichiarato di voler iscriversi all’università, il 25,7% di voler cercare un lavoro e il 7,3% di frequentare un corso post diploma. “I risultati dell’indagine- spiega Dimitri Storai ricercatore del Pin che ha curato la ricerca – confermano che anche gli studenti dell’Istituto Buzzi aspirano, in gran parte, a proseguire gli studi a livello accademico. Questo sembra essere un segnale rilevante per comprendere le aspettative delle nuove generazioni dell’area. Inoltre emerge che i maturandi prendano atto delle condizioni del mercato del lavoro, più che manifestare aspettative”. L’analisi è partita dalle aspirazioni di chi è in cerca di lavoro: il 57% è disposto a trovarlo nella provincia di Prato, contro il 20% che potrebbe accettare anche un posto in Toscana, mentre il 17,4% ha aspirazioni di trovare un lavoro all’estero. Per quanto riguarda lo stipendio il 57,14% si accontenta di un salario compreso tra i 600 e i 1.000 euro, il 34,29% fra i 1.000 e i 1.600 e ancora il 68% accetterebbe un contratto a tempo determinato contro il 60% a tempo indeterminato e il 37% sarebbe disposto a uno di apprendistato. Ma la realtà è decisamente diversa. La maggioranza degli studenti che hanno trovato lavoro (35,3%) ha ottenuto un contratto di apprendistato, seguono i tirocini e le borse lavoro (23,5%). I rapporti a tempo determinato ammontano, invece, al 21,6% degli avviamenti, (durata media di 4 mesi) seguiti dai contratti di lavoro intermittente a tempo determinato (11,8%). Residuali risultano le altre forme contrattuali. I dati evidenziano anche una correlazione inversa tra la qualità contrattuale e la durata del rapporto di lavoro: sopravvivono molto di più le co.co.co ed i tirocini rispetto alle forme di lavoro a tempo determinato. L’apprendistato di II livello (che costituisce un rapporto di lavoro a tempo indeterminato) mediamente, nei 4 casi in cui è cessato, ha avuto una durata media di poco più di due mesi.
“A coloro che fanno il loro ingresso sul mercato del lavoro – spiega Storai – vengono applicate forme contrattuali che offrono al datore di lavoro una rilevante flessibilità. Per il lavoratore, questo significa, d’altro canto una stabilità piuttosto limitata. Ultimo dato da evidenziare è che il settore manifatturiero è quello che ha assorbito maggiormente gli studenti diplomati (47,1% degli avviamenti), seguono i servizi (35,3%), il commercio (13,7%) e l’edilizia (3,9%). Gli avviamenti nell’industria, nel 45,8% dei casi, riguardano le imprese tessili, seguono le attività connesse alla meccanica.
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