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I dazi di Trump e gli effetti su Prato: tra gli operatori c’è preoccupazione per il rischio di una recessione globale


Anche se l'export diretto verso gli Usa è minimale per il tessile, artigiani e industriali temono gli effetti a caduta che la decisione potrà provocare sulla crescita economica


Alessandra Agrati


Il distretto tessile di Prato sta già affrontando una fase di difficoltà, confermata dal rallentamento delle esportazioni nel corso del 2023. I prodotti tessili, che rappresentano oltre un terzo dell’export provinciale, hanno registrato un calo del -10,31% rispetto al 2022 (fonte: Istat Coeweb). Tuttavia, nel quarto trimestre 2024 si è osservato un rimbalzo moderato dell’export tessile, pari al +4,% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, mentre le esportazioni di filati sono diminuite dell’11,63%.
In questo contesto già complesso, l’annuncio del presidente statunitense Donald Trump di introdurre dazi del 20% sulle importazioni provenienti dall’Unione Europea rischia di aggravare ulteriormente le difficoltà del settore.
“Sebbene la quota di export pratese destinata all’America Settentrionale sia del 5,99% nel 2023 – spiega Enrico Fabbri, ricercatore del Pin – questi dazi potrebbero compromettere la competitività dei prodotti tessili sul mercato statunitense, incrementando i prezzi per i consumatori americani e incentivando fenomeni di concorrenza sleale, come l’italian sounding”.
Va inoltre ricordato che la maggior parte dell’export pratese si rivolge all’Europa (77,08%) e all’Asia (11,22%), mercati che rimangono cruciali per la tenuta del comparto (dati forniti dall’Osservatorio del mercato del lavoro e della formazione, a cui però non è stata rinnovata la convenzione da parte dell’amministrazione comunale). “Tuttavia – continua Fabbri – l’effetto combinato della contrazione produttiva, delle tensioni commerciali internazionali e di un possibile rallentamento della domanda globale richiede strategie di adattamento da parte delle imprese locali. Risulta quindi fondamentale promuovere la diversificazione dei mercati di sbocco, investire nell’innovazione e sostenere politiche pubbliche capaci di mitigare l’impatto delle nuove barriere commerciali”.

Nel caso del tessile, il quadro attuale è differenziato per le diverse tipologie di prodotti: per citare degli esempi rappresentativi, i filati cardati o pettinati a maggioranza lana subivano prima degli aumenti un dazio del 6%, che andrà quindi al 26%; ben più pesante il risultato finale dei tessuti cardati o pettinati a maggioranza lana, che già avevano un dazio del 25% e che raggiungeranno quindi il 45%. Confezioni tessili come le sciarpe arriveranno a seconda delle tipologie a dazi finali dal 22% al 31,7%. Molto differenziata la situazione per i capi di abbigliamento: si va da tipologie che finora non erano gravate da nessun dazio e quindi arriveranno “solo” al 20% ad altre che sfioreranno il 35%.
In attesa di capire meglio quali saranno le reali conseguenze arrivano le prime reazioni da parte delle associazioni di categoria
“E’ una strategia economica folle – spiega Fabio Giusti presidente di Confartigianato Prato – che colpisce indirettamente tutti e tutto che avrà come effetto immediato una grande preoccupazione fra i produttori con una recessione quasi certa che ci farà fare un balzo indietro di almeno dieci anni per rapporti commerciali e tenore di vita. Una scelta inqualificabile nella forma e nella sostanza che getta un’ombra scura sul futuro per quanto riguarda le prospettive di crescita “
Preoccupazione anche dal mondo degli industriali che aspettano di capire esattamente come incideranno i dazi sulle loro produzioni: “La prima valutazione – spiega la vice presidente di Ctn Fabia Romagnoli – è generale: assistiamo a una chiusura dei mercati con effetti sulla catena del valore che ha ripercussioni globali. Serve quindi una risposta mirata e coesa da parte dell’unione Europea, ma anche misure a favore del manifatturiero, penso ad esempio per le industrie italiane ai sostegni per l’energia, per mantenere la competitività”.

“Siamo preoccupati per il quadro che si va definendo via via che si approfondiscono entità e modalità di applicazione dei nuovi dazi americani – dichiara Francesco Marini, presidente della sezione Sistema moda di Confindustria Toscana Nord -. Il quadro si fa anzi più fosco quando si vanno a considerare i dazi che gli USA stanno imponendo a paesi dell’estremo oriente che attualmente sono spesso destinatari delle commesse dei brand americani: paesi quindi dai quali i brand stessi devono poi importare i capi finiti. Le nostre produzioni tessili, già penalizzate dal punto di vista della competitività dai molti gap nazionali, rischiano di trovarsi in una difficoltà ancora maggiore rispetto ai nostri concorrenti.  Il deprezzamento del dollaro sta già erodendo i nostri compensi: il rischio è ora che gli ordini si riducano in conseguenza di una domanda americana verosimilmente destinata a contrarsi”. 


“Il mercato statunitense è fra i più importanti per il meccanotessile pratese, con la sua quota del 17% sul totale delle nostre esportazioni – aggiunge  Massimo Luchetti , coordinatore del gruppo Meccanotessili della sezione Metalmeccanica di Confindustria Toscana Nord -. Esportiamo verso gli USA soprattutto macchinari per la produzione e il finissaggio dei tessuti non tessuti, che vedono a Prato delle eccellenze riconosciute. I dazi sulle macchine tessili erano finora a quota zero o al massimo, per alcune tipologie, di pochi punti percentuali: passare ad almeno il 20% rappresenterà un salto molto considerevole per un’industria tessile come quella americana che deve le sue prestazioni anche, in gran parte, alle nostre tecnologie


Sulla stessa linea d’onda anche Dalila Mazzi presidente della Camera di Commercio di Prato e Pistoia: ” I dazi imposti dagli Stati Uniti suscitano grande preoccupazione, sia per le conseguenze dirette sulle nostre esportazioni sia per il rischio di una reazione a catena che potrebbe frenare il commercio internazionale. Questo scenario impone una riflessione attenta e l’esigenza di agire con prudenza per scongiurare prevedibili ripercussioni negative sull’export e salvaguardare la competitività delle imprese del territorio. Ogni passo dovrà essere guidato dal buon senso, evitando una contrapposizione rigida, che finirebbe per penalizzare entrambe le economie. Innescare una guerra commerciale su ritorsioni reciproche è una scelta miope e pericolosa, destinata a frenare la crescita economica e a gravare sui consumatori di tutti i paesi coinvolti. Il dialogo e il confronto restano la via maestra per trovare soluzioni equilibrate, tutelando le nostre imprese e il tessuto produttivo del territorio”.
Sulla questione è intervenuta anche la sindaca di Prato Ilaria Bugetti: “Il distretto tessile, ancora uno dei più grandi d’Europa, sta soffrendo una concorrenza internazionale enorme per cui c’è preoccupazione. Dobbiamo mettere in piedi tutte le misure: abbiamo bisogno di partner a fianco, il primo è sicuramente la Regione, ma abbiamo bisogno di Roma e di Bruxelles”.
E anche la parlamentare di Forza Italia Erica Mazzetti ha commentato le scelte di Trump: “La preoccupazione soprattutto degli imprenditori, penso a un distretto produttivo come quello di Prato che la maggioranza del fatturato è in esportazioni, è comprensibile, ma possiamo reagire, anche utilizzando al meglio la diplomazia economica tramite le varie strutture ministeriali, le ambasciate, la cooperazione italiana. Proprio per questo, Forza Italia ha – da tempo – presentato un piano per l’industria italiana”

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