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Stavolta è Prato (o meglio un pezzo di Prato) ad andare in Cina, facendo un cammino diametralmente opposto a quello seguito dagli immigrati e dai prodotti che piano piano stanno invadendo le nostre città. Ma non è una notizia positiva, perché la parte di Prato che “emigra” in Cina è un pezzo integrante della storia economica della nostra città: sono le macchine che fino a poco tempo fa hanno contribuito a fare dei nostri filati una delle eccellenze nel panorama mondiale. La notizia l’ha riportata il quotidiano Il Tirreno, nella cronaca di Prato: da domani le macchine della filatura Filan saranno rimontate a Hangzhou, in una fabbrica del distretto tessile del sud della Cina, nello Zehijang. Quelle in funzione fino a poco tempo fa alla filatura di Superlana sono invece in fase di montaggio proprio in questi giorni. Sempre in Cina. Ma altre macchine hanno già lasciato Prato o stanno per farlo, e la destinazione è anche l’India o paesi dell’Europa dell’est. Un mercato che nasce dalla chiusura di sempre più filature pratese, costrette a cedere i loro macchinari oppure a venderli all’asta. E la cosa che fa più impressione, a sentire i diretti interessati, è che in Cina sanno benissimo quali sono le aziende a rischio chiusura, al punto che ai centralini di queste ditte arrivano di continui richieste di informazioni sulla cessione delle loro macchine.
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