“Non leggo ad ora la necessità di una preoccupazione diffusa. Certo la crisi ucraina va tenuta sott’occhio ma non dimentichiamoci che si tratterebbe comunque di un embargo sugli acquisti dello Stato non riguarderebbe le imprese private che sarebbero comunque libere di continuare ad attingere dal mercato tessile della moda pratese”. Risponde così, Andrea Cavicchi, presidente dell'Unione Industriali di Prato, all’analisi pubblicata dall’istituto spin-off dell’Università di Firenze “reteSviluppo” secondo cui il fragile equilibrio dell’Est metterebbe a rischio 50 milioni (in euro) di esportazioni del distretto Moda pratese.
I numeri riportati nell’inchiesta della società che si occupa di ricerca in campo socio-economico sono più o meno confermati da Cavicchi che sottolinea come la Russia sia ancora e – probabilmente continuerà ad essere – un mercato molto attratto dalla produzione del tessile made in Italy. “La Russia è una nazione, rispetto ad altre, molto attenta alla qualità. È affascinata dai prodotti di ricerca, dalle sete fatte a mano ad esempio, è un mercato che può spendere e a cui piace spendere, per questo è giusto non sottovalutare i possibili effetti della crisi sul nostro export ma si tratta comunque di un mercato che assorbe non più del 4% dei prodotti tessili pratesi (4% dei tessuti ortogonali, 2,9% dei filati, ndr)”. C’è poi il mercato indotto di paesi come la Polonia e la Romania che anche in caso di un alt di Putin, probabilmente, manterrà salda la presenza dei nostri prodotti nel Paese freddo. “Il tessile pratese ha fatturato circa 4 miliardi, divisi equamente tra export e mercato interno” – spiega Cavicchi. L’esportazione settoriale del tessile e dell’abbigliamento, dai dati rielaborati dal Centro studi dell’Unione industriali pratesi, nel 2013 ha avuto un peso sull’export totale dell’82,4% facendo registrare un calo del 3,8% rispetto al 2012 (sono andati meglio altri settori,fra tutti quello della meccanica che è cresciuto del 17,3%). Aprirsi ad altri mercati nazionali e continentali non è un’alternativa dell’ultima ora: “La Germania continua ad essere il mercato che si prende la fetta più grossa dell’esportazione tessile del distretto insieme alla Francia. La Cina non è ancora quel bacino di vendita che ci aspetteremmo, non riesce a decollare. Sono interessanti i mercati del Giappone e della Corea nonostante il calo del 2014”. Ciò su cui c’è da lavorare è lo scambio con un mercato ambizioso e fertile come quello degli Stati Uniti: “E’ un mercato ancora troppo piccolo purtroppo, speriamo nell’accordo sul libero scambio”.
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