“Qualche giorno dopo il controllo dell’Ispettorato del lavoro, l’azienda è sparita. Sono arrivato una mattina e non c’era più niente, il capannone era vuoto. Poco tempo dopo l’azienda è ripartita, ma da un’altra parte e con un altro nome. Ho chiesto che mi venisse pagato l’arretrato, il tfr, le ferie: tutto azzerato, chi mi aveva assunto di fatto non esisteva più”. A descrivere il sistema ‘apri-chiudi-riapri’ è un operaio pachistano, uno dei tanti che è vittima due volte: prima dell’imprenditore che lo sfrutta, poi delle conseguenze dei controlli. “Un sistema che a Prato è molto diffuso e molto semplice, troppo semplice – dice Sarah Caudiero di Sudd Cobas – un fenomeno possibile grazie alla presenza di un apparato fatto di professionisti e immobiliaristi che di mestiere fanno questo: alimentare l’apertura, chiusura e riapertura delle ditte attraverso apposite operazioni e prestanomi”. Contro il sistema, il sindacato autonomo è pronto a muoversi su un doppio binario: un esposto in procura e una mobilitazione, un corteo che nel pomeriggio di domenica primo dicembre, giorno dell’undicesimo anniversario della morte di sette operai cinesi nel rogo della confezione Teresa Moda, partirà da via Galvani. “Depositeremo in procura un esposto per chiedere indagini mirate contro le ditte che chiudono e riaprono azzerando i loro debiti e le posizioni degli operai – ancora Caudiero – riteniamo necessario rche questo meccanismo che va avanti da tanti anni venga ricostruito nel dettaglio. Nel nostro piccolo qualche movimento lo abbiamo seguito riuscendo a capire come funziona la macchina”.
Sudd Cobas ha riunito i dipendenti di tre aziende che, dopo essere finite nel mirino dei controlli, hanno cambiato identità: nuovo nome, nuovo indirizzo, nuovo titolare. “Una verginità che consente di non pagare tasse e imposte pregresse – ancora Caudiero – e che lascia a mani vuote i dipendenti i cui crediti risultano completamente azzerati. Ecco che i controlli si fanno ma vengono vanificati con il risultato che l’illegalità continua come e più di prima”.
Il sistema che denuncia Sudd Cobas è vecchio e ormai ampiamente consolidato, una pratica molto ma non più esclusivamente cinese. Una pratica contro cui il sindacato ha dichiarato guerra con una mobilitazione che segue la scia di quella contro lo sfruttamento degli operai. “Operai sfruttati, costretti a lavorare sette giorni sue sette, dodici ore al giorno in cambio di paghe assolutamente non adeguate, ammesso che possa esistere un importo adeguato per tale condizione – la voce di Sudd Cobas – cresce il numero dei lavoratori che vengono a denunciare e a chiedere aiuto”. Operai pakistani, ma anche afghani, bengalesi e cingalesi, che vengono pagati meno di quelli cinesi e più di quelli africani. “La stratificazione dello sfruttamento – ancora il sindacato autonomo – nessun operaio pagato per quanto lavora ma con un trattamento differente a seconda dell’etnia”. (nt)
Sudd Cobas dichiara guerra alle ditte ‘apri e chiudi’: mobilitazione e corteo nelle strade del Macrolotto
Manifestazione il primo dicembre e nei giorni successivi esposto in procura. "Un sistema diffuso e troppo semplice che vanifica i controlli per l'affermazione della legalità e lascia a mani vuote gli operai"
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