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Statue contese alla ex fabbrica dei Beccaglia, rinviati a processo i nuovi proprietari


L'accusa: appropriazione indebita e tentata estorsione. La vicenda nasce del 2020: la famiglia chiede di rientrare in possesso delle sculture in bronzo ma riceve il diniego degli acquirenti del complesso industriale: "Abbiamo comprato tutto così com'è, se proprio le volete dovete darci 30mila euro". Delle opere d'arte non si è fatto cenno nel rogito


Redazione


Ruota tutto intorno alle statue di bronzo commissionate per abbellire quella che è stata la sede di una storica aziende tessile, il braccio di ferro che va avanti dal 2020 e che contrappone due coppie di fratelli. Da una parte Greta e Thomas Beccaglia, 29 e 36 anni, figli di Valdemaro, l'imprenditore-mecenate e per anni presidente del Centro Pecci, scomparso nel 2012; dall'altra due cinesi, un uomo e una donna, 44 e 48 anni, rispettivamente intermediario della compravendita dell'immobile situato in via Bologna, lungo la 325, all'altezza della Madonna della Tosse (fino a qualche anno fa sede del Gruppo Tintoriale, dichiarato fallito dal tribunale di Prato nel 2015, e di Beccaglia Macchine tessili), e attuale proprietaria. I primi rivendicano il possesso delle statue commissionate dal padre, i secondi chiedono 30mila euro per consegnarle, dicendo che sono parte integrante dell'immobile da loro acquistato.
Un contenzioso aperto dopo la denuncia dei Beccaglia, assistiti dall'avvocato Edoardo Orlandi; denuncia che oggi, martedì 28 novembre, è approdata davanti al giudice delle indagini preliminari, Leonardo Chesi, che, recependo la richiesta del pubblico ministero, Laura Canovai, ha rinviato a giudizio i due cinesi accusati di appropriazione indebita e tentata estorsione.
Al centro della lite le statue in bronzo che Valdemaro Beccaglia fece realizzare nei primi anni 2000 alla scultrice olandese Elisabet Stienstra e inserite successivamente nel progetto 'Territoria' a cui presero parte una ventina di artisti di fama internazionale e il cui obiettivo era la valorizzazione degli spazi industriali a Prato e nel Val di Bisenzio. Tre le sculture (titolo “Panic in Prato”) acquisite da Beccaglia e collocate sul tetto della sua azienda, tutte raffiguranti una bambina (modella di Elisabet Stienstra proprio Greta Beccaglia). Dopo la vendita del complesso industriale, conclusa nel 2019, i Beccaglia chiesero alla nuova proprietà di rientrare in possesso di una statua e la richiesta fu esaudita tanto che l'opera d'arte fu prelevata con una gru e tornata nella piena disponibilità della famiglia senza nessun tipo di opposizione da parte dei cinesi. La stessa richiesta riguardò poi le altre due sculture, ma stavolta l'imprenditrice cinese si oppose e il fratello, facendo leva sul contenuto del rogito notarile, rivendicò l'acquisto di tutto e perciò anche dell'installazione artistica posta sul tetto. Né il notaio né il tecnico che per conto della famiglia Beccaglia ha curato la vendita della proprietà, entrambi chiamati a testimoniare, hanno fornito elementi utili a ricostruire il destino delle statue, non ricordando se siano state tema della trattativa e, in ogni caso, non inserite nel successivo rogito. I Beccaglia insistono a dire che, seppure nel contratto non se ne faccia menzione, quelle statue appartengono a loro e che se le hanno lasciate è solo perché la nuova proprietà le aveva considerate un elemento di valorizzazione; l'imprenditrice cinese e il fratello, al contrario, ribadiscono che la compravendita è riferita a tutto e nel tutto ci stanno anche le sculture. Evidentemente, la versione di Greta e Thomas Beccaglia è stata ritenuta credibile sia dall'accusa che dal giudice delle udienze preliminari: le statue non sono mai state cedute e anzi sono parte integrante del patrimonio di famiglia e la richiesta di denaro altro non sarebbe stata che il tentativo di intascare dei soldi.
Il procedimento era già passato da una precedente udienza preliminare con il pubblico ministero che aveva chiesto l'archiviazione, mentre la difesa dei Beccaglia si era opposta ottenendo dal giudice un supplemento di indagine. Supplemento che ha portato ad un secondo capo di accusa: tentata estorsione. Se ne riparlerà al processo.
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è una testata registrata presso il Tribunale di Prato
(N° 4 del 14/02/2009)
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Direttore responsabile: Claudio Vannacci

Editore: Toscana Tv srl

Redazione: Via del Biancospino, 29/b, 50010
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