Se si ordina al proprietario di mettere mano al portafogli per rimuovere e smaltire i rifiuti presenti sul suo terreno, è necessario aver fatto prima tutti gli accertamenti e le verifiche utili a dimostrare che proprietario e autore dell'illecito, 'abbandono incontrollato di rifiuti' per il quale sono previste conseguenze penali, siano la stessa persona. Se manca il secondo passaggio, l'ordinanza rischia di diventare carta straccia. A dirlo è il Consiglio di Stato che ha 'promosso' il ricorso straordinario al presidente della Repubblica proposto da un pratese, proprietario di un terreno in via Nuti, a San Paolo (dato in comodato a due persone), destinatario di un'ordinanza sindacale con cui “gli è stato ordinato di procedere alla rimozione e allo smaltimento dei rifiuti presenti sul fondo di sua proprietà”. Lui ha eseguito e ha ripulito tutto nonostante la presenza degli inquilini e le dichiarazioni di estraneità ai fatti, ma dal momento che nei suoi confronti c'era anche il procedimento penale, ha deciso di andare in fondo alla questione per salvare la fedina penale.
Il provvedimento del Comune – si legge nella pronuncia – è in contrasto con l'articolo 192 del Codice dell'ambiente, il quale, come è noto, richiede, in capo al proprietario e ai titolari di diritti reali o personali di godimento dell'area, l'imputabilità a titolo di dolo o colpa”. In parole povere: serve dimostrare che è stato il proprietario ad abbandonare i rifiuti o che la sua sia stata una condotta omissiva rispetto all'illecito, altrimenti non lo si può chiamare in causa.
Nel caso specifico, l'ordinanza nasce da un controllo della polizia municipale che, il 25 maggio 2021, porta al sequestro del terreno e all'identificazione di due persone – gli inquilini – ritenute responsabili della presenza dei rifiuti e anche loro destinatarie di un'ordinanza di rimozione e smaltimento. Il proprietario, in seguito al sequestro, avrebbe intimato ai due di ripulire l'area ma questo non gli ha evitato di ricevere l'ordine a sgomberare i rifiuti con tanto di denuncia. E proprio per evitare di compromettere il suo certificato penale, il proprietario ha proposto il ricorso al presidente della Repubblica.
Una storia uguale e identica a chissà quante altre: si trovano rifiuti, si risale al proprietario dei luoghi, gli si ordina di fare pulito e se ci sono inquilini si fa lo stesso con loro. Ma, è il ragionamento del Consiglio di Stato costruito sui dettami della Direttiva sulla responsabilità ambientale, dal momento che è cristallizzato il principio che 'chi inquina paga', occorre dimostrare che si sta chiedendo di pagare a chi effettivamente ha inquinato.
Una notizia tra le tante del mare magnum di norme, regolamenti, articoli, commi e via dicendo? Non proprio. I Comuni, in questo caso quello di Prato, devono individuare chi ha abbandonato i rifiuti e a quello ordinare un intervento di ripristino. Prima l'accertamento e la verifica delle responsabilità, e solo dopo la sanzione. E' vero che sarà il decreto del presidente della Repubblica a dire l'ultima parola sulla questione, ma già il parere del Consiglio di Stato rappresenta un precedente per quei proprietari, ma anche inquilini, che si vedranno recapitare provvedimenti in materia di abbandono dei rifiuti. L'onere della prova ai Comuni, insomma.
Rifiuti abbandonati su terreni di proprietà, parere del Consiglio di Stato contro le ordinanze del Comune
I giudici amministrativi hanno dato l'ok al ricorso straordinario al presidente della Repubblica proposto da un pratese, proprietario di un terreno in via Nuti a San Paolo: è necessario accertare la responsabilità personale
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nadia tarantino
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