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Valgono da 200 a 600 euro la vita e i sogni di una adolescente rumena. Tanto è infatti quanto pagavano gli aguzzini di due bande – una albanese, l’altra rumena – per far venire in Italia con l’inganno ragazzine di 15, 16, 17 anni e poi avviarle alla prostituzione sulle strade di Prato. Lo squallido giro è stato ora smantellato dalla Squadra mobile della questura che stamani all’alba ha eseguito sette ordinanze di custodia cautelare in carcere, mentre altri quattro componenti delle due bande restano latitanti. Pesantissime le accuse formulate dai magistrati della Direzione Antimafia di Firenze: si va dalla tratta di esseri umani alla schiavitù, dalla prostituzione minorile all’estorsione. Ogni banda era in grado di gestire dalle 12 alle 14 ragazze, di queste almeno dieci erano minorenni, attratte in Italia con il miraggio di un lavoro onesto e poi sbattute sulla strada dopo essere state violentate, picchiate e segregate in casa.In carcere sono finiti due cugini albanesi di 33 e 26 anni, entrambi regolari e con un lavoro di manovale; un altro albanese di 26 anni, residente a Prato e una rumena di 23 anni, che faceva da interprete con le ragazze da far prostituire. La banda dei rumeni, invece, era composta da un 32enne residente a Carmignano, da un 43enne residente in via Braga e da una donna di 42 anni, ufficialmente badante di una anziana, sempre in via Braga. Le altre quattro ordinanze riguardano i rumeni che in Romania si occupavano di “reclutare” le ragazze, scelte nei paesi più sperduti e poveri dove l’illusione di un lavoro in Italia rappresenta un’esca irrinunciabile per chiunque.L’indagine – celerissima come ha chiosato il questore Domenico Savi – è partita quasi per caso il 26 marzo 2009, quando alcuni cittadini italiani hanno dato l’allarme dopo aver assistito al tentativo di sequestro di una prostituta in via Baciacavallo. La ragazza, una rumena di 16 anni, è stata presa in consegna da una Volante e portata in questura, dove ha raccontato una storia che ha subito allarmato i vertici della Squadra mobile, diretta da Francesco Nannucci. Il suo tentativo di sequestro rientrava, infatti, in una guerra tra due bande che non solo si contendevano il territorio ma anche le stesse ragazze. Per questo gli uomini dell’Antiprostituzione hanno subito attivato tutti i canali investigativi: dalle intercettazioni agli appostamenti agli interventi diretti. E qui, piano piano, è andata componendosi l’intera storia. Le due bande, infatti, ben presto hanno trovato un accordo spartendosi le zone e le stazioni di servizio dove far prostituire le ragazze. Anzi, a un certo punto hanno iniziato anche a cedersi le ragazze stesse. In questo anno più volte le pattuglie della Mobile sono intervenute cercando di togliere dalla strada le minorenni, ma il compito si è rivelato oltremodo difficile visto che queste erano in uno stato tale di soggezione che finivano inevitabilmente per scappare dai centri di accoglienza per tornare dai loro aguzzini. Innumerevoli le storie di violenza finite nel fascicolo dell’inchiesta. Una ragazzina minorenne, addirittura, è stata costretta ad abortire perché non “rendeva” più bene. Altre ragazze hanno compiuto atti autolesionistici, tagliandosi le braccia con le lamette, segno evidente del disagio psichico in cui erano costrette a vivere. Un incubo che per loro, nonostante l’arresto dei loro sfruttatori, probabilmente è destinato a non finire mai. Proprio a questo proposito il capo della Mobile Nannucci ha voluto fare un appello: “Queste ragazze – dice – devono sapere che le istituzioni italiane sono pronte a proteggerle. Qui a Prato, poi, esiste una rete fatta di associazioni e di centri di accoglienza di primissimo grado. Purtroppo spesso si tratta di giovanissime il cui unico legame è rappresentato proprio dai loro aguzzini. E questa è la cosa più triste”.
Claudio Vannacci