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Quattro ore davanti al giudice il carabiniere arrestato per la rapina a Galciana


La difesa del brigadiere: "Fornita una spiegazione alternativa e con riscontri oggettivi alla ricostruzione della procura". L'avvocato potrebbe presto chiedere la revoca degli arresti domiciliari o una misura cautelare più lieve. Sette gli indagati nell'inchiesta avviata a maggio dello scorso anno


Redazione


Un interrogatorio lunghissimo, più di quattro ore di domande e di risposte. Oggi, martedì 19 maggio, a venti giorni dal suo arresto il brigadiere Giuliano Rosa è comparso davanti al giudice delle indagini preliminari Francesco Pallini per difendersi dall'accusa di concorso in rapina pluriaggravata. Insieme ad un collega, l'appuntato Ennio Serino, e ad altre cinque persone, il carabiniere è indagato per il colpo messo a segno a maggio del 2019 nella villetta di un imprenditore cinese, in via Foscolo a Galciana.
Con a fianco il suo avvocato, Vincenzo De Franco, Giuliano Rosa, per anni in servizio alla Sezione radiomobile di Prato e pochi giorni prima dell'arresto trasferito a Firenze, ha risposto sia alle domande del giudice che a quelle dell'accusa. “Il mio assistito ha dato una spiegazione alternativa rispetto alla ricostruzione della procura – il commento del difensore – non si è sottratto a nessuna domanda ed è stato in grado di avvalorare la sua esposizione con riscontri oggettivi”.
Una esposizione, dunque, che non va d'accordo con quella che ha convinto la procura a chiedere – e ottenere – gli arresti domiciliari del militare al centro delle indagini condotte dai suoi colleghi e coordinate dai sostituti Lorenzo Gestri e Massimo Petrocchi.
L'accusa sostiene che il brigadiere Rosa e l'appuntato Serino (avvocato Giuseppe Nicolosi) progettarono la rapina insieme agli altri cinque indagati: due fruttivendoli ambulanti di Afragola che lavorano nelle strade del Macrolotto 0, considerati l'anello di congiunzione tra i militari e i tre uomini, anche loro di Afragola, ritenuti gli esecutori materiali e i primi a finire in carcere. La procura dice che il 3 maggio 2019, indossando pettorine dell'Arma, impugnando una pistola (mai accertato se vera o finta) e mostrando un finto mandato di perquisizione, i tre si fecero aprire la porta ed entrarono convinti di trovare – queste erano le informazioni – tra gli 80 e i 100mila euro anziché gli appena 11mila realmente custoditi in casa in quel momento. La rapina – sempre stando alla tesi dell'accusa – fu un ripiego perché il colpo vero, il colpo della vita poi andato sfumato, doveva essere quello ad un portavalori. Una circostanza, questa, emersa all'inizio dell'inchiesta.
“Mi sono riservato di presentare la richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare”, ha annunciato l'avvocato del brigadiere attualmente agli arresti domiciliari come il collega Serino che ha trascorso più di cinque mesi nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere.

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(N° 4 del 14/02/2009)
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Editore: Toscana Tv srl

Redazione: Via del Biancospino, 29/b, 50010
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