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Processo d’Appello rinviato due volte per l’incompatibilità dello stesso giudice: la sentenza arriva quando il reato è già prescritto


Sul banco degli imputati due medici accusati di omicidio colposo. Dalla morte della paziente alla sentenza di primo grado sono passati quasi 4 anni, poi ce ne sono voluti altri 7 e mezzo per l'Appello. Un percorso giudiziario pieno di inciampi, anche clamorosi


Nadia Tarantino


Il processo d’Appello è arrivato tardi e quando è stato finalmente messo in calendario ha trovato più di un inciampo sul suo cammino fino a ieri, giovedì 3 aprile, che è stata dichiarata la prescrizione. Un’odissea scandita da ritardi e da rinvii il processo per la morte di una donna di 70 anni avvenuta il 24 febbraio 2014 all’ospedale Santo Stefano dopo tre operazioni. Quasi quattro anni per la prima sentenza, altri sette e mezzo per la seconda. Tanto, troppo per la scadenza del reato contestato: omicidio colposo. A obbligare a due rinvii che hanno occupato circa un anno, in fase di Appello, è stata la presenza nel collegio giudicante del giudice che già si era occupata del procedimento prima di essere trasferita da Prato a Firenze.
In due, a novembre 2017, furono condannati dal tribunale di Prato: a 10 mesi il primario di ginecologia, ora in pensione, Giansenio Spinelli, e a 7 mesi il chirurgo che operò la paziente. Condanne cancellate dalla prescrizione nel frattempo intervenuta ma la vicenda è chiusa solo per il versante penale: i giudici di Appello, infatti, hanno affermato la responsabilità di Spinelli e ciò, per i parenti della vittima costituiti parte civile e assistiti dall’avvocato Luca Brachi, significa la possibilità di rivalersi eventualmente in sede civile. Assolto, invece, il chirurgo. Confermata anche la posizione di garanzia della Asl Toscana centro chiamata nel processo dall’avvocato Brachi come responsabile civile per il risarcimento che in via provvisionale era stato già riconosciuto nella misura di 50mila euro.
La donna arrivò al Santo Stefano il il 16 dicembre 2013 per forti dolori addominali. La prima diagnosi parlò di due ipotesi: un sospetto tumore o una sospetta trombosi. L’intervento chirurgico venne eseguito dopo le feste di Natale, il 7 gennaio, nonostante la pressione dei familiari di accorciare l’attesa. Dopo l’operazione, le condizioni della donna si aggravarono al punto di ricorrere ad altri due interventi. Il 24 febbraio il decesso.
Il destino del processo non è andato meglio. Le tappe: novembre 2017 la prima sentenza; metà 2018, dopo le motivazioni, l’avvio della procedura per il processo di secondo grado; il fascicolo arriva alla Corte d’appello nel 2022 e la prima udienza viene fissata a dicembre 2022; d’ufficio tale udienza viene rinviata ad aprile 2023 ed è in questa occasione che si scopre che tra i giudici ce n’è uno incompatibile perché è lo stesso che aveva già pronunciato la prima sentenza di condanna; tutto slitta a febbraio 2024 e lo scenario è lo stesso della precedente udienza; ad aprile 2024, composto nuovamente il collegio giudicante, si apre il processo e viene affidata una perizia collegiale per stabilire l’operato dei sanitari e le cause della morte. Ora – aprile 2025 – la prescrizione che però, come detto, lascia aperta la porta del percorso civile. (nt)

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