Una rissa tra detenuti albanesi, la minaccia di suicidio di un detenuto magrebino che si è arrampicato sulla rete del campo di calcio, l’aggressione ad un agente costretto a ricorrere alle cure del pronto soccorso. Tre episodi, gli ultimi di una lunghissima serie, andati in scena ieri, martedì 29 aprile, al carcere della Dogaia. Fatti che spingono i sindacati ad alzare la voce una volta di più e a chiedere interventi risolutivi per la sicurezza del personale in servizio “che vive un quotidiano inferno nell’indifferenza generale”.
La rissa è scoppiata nel pomeriggio e ha coinvolto diversi albanesi che, alla fine, se la sono presa con un magrebino che è stato brutalmente picchiato. Il caos si è trasformato in rivolta contro la penitenziaria: uno dei detenuti ha sradicato un neon da una parete e ha minacciato gli agenti.
A minacciare il suicidio, come segno di protesta contro il reparto sanitario della casa circondariale, è stato, più o meno negli stessi momenti della rissa, un magrebino durante le attività svolte all’aperto. A sventare il peggio e a convincere il detenuto a scendere è stato il paziente intervento del comandante del reparto interno.
Infine un agente è finito all’ospedale con ferite giudicate guaribili in sette giorni e provocate dell’aggressione di un detenuto nordafricano, già noto per precedenti analoghi. Senza motivo e cogliendo l’agente di sorpresa, il detenuto ha sferrato un pugno in pieno volto.
L’allarme suona forte. Uilpa e Sinappe si scagliano contro l’indifferenza nei confronti del carcere, struttura di difficile gestione a causa degli oltre 640 detenuti a fronte di una pianta organica ridotta all’osso che obbliga il personale a doppi turni con un accumulo di straordinario per il quale le risorse scarseggiano.
“Situazione ormai fuori controllo – il commento di Ivan Bindo di Uilpa – che deve succedere ancora in questo carcere? I detenuti aggrediscono gli agenti, forzano gli sbarramenti, si arrampicano sulle reti del campo sportivo durante le attività all’aperto: situazioni che creano disordini e che diventano difficili da gestire”.
Sinappe spiega che il carcere di Prato è diventato un approdo dei problemi che affliggono gli altri istituti: “Un inferno per chi ci lavora – viene spiegato dal segretario regionale, Andrea Quadrini – aggravato dal recente smantellamento e relativa chiusura di un settore della casa circondariale di Livorno che ha prodotto conseguenze su un sistema già collassato”.
Dal 5 aprile è in servizio un comandante della polizia penitenziaria “a tempo” mentre a breve è previsto l’arrivo di un direttore con capacità di gestione di strutture complesse: “Non basta – sottolinea Sinappe – segnali positivi ma intanto i problemi aumentano”.
La richiesta è sempre la stessa: soluzioni, interventi drastici che riportino la normalità, prese di posizione forti che vadano oltre le parole. Fatti, insomma.
“Prima di Pasqua – ricorda Uilpa – abbiamo chiesto un incontro in prefettura. Nessuna risposta ad oggi. Evidentemente quello che succede dentro il carcere di Prato non interessa all’esterno”.
I sindacati definiscono ‘eroi’ i colleghi in servizio alla Dogaia e chiedono: “Quale prezzo pagheremo alla fine”?
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