“Contro di me è stato montato un castello di calunnie. Contro di me solo una montatura dettata dalla rivalsa, dal rancore per questioni sentimentali”. Così Gabriele Borchi, figlio dell’ex vicesindaco di Prato, accusato di violenza sessuale su una ragazzina. Oggi, lunedì 26 febbraio, Borchi si è presentato in aula per le battute finali del processo e, prima che prendesse la parola il pubblico ministero, Laura Canovai, ha rilasciato dichiarazioni spontanee al collegio giudicante presieduto da Francesco Gratteri. Una difesa articolata. Un quarto d’ora abbondante a metà tra l’arringa di un avvocato e la richiesta legittima dell’imputato a far sentire la propria voce e a ribadire la propria innocenza. Sei anni e mezzo di reclusione: questa la condanna chiesta dal pm. Borchi è arrivato puntuale al secondo piano del Palazzo di giustizia, accompagnato dagli avvocati Manuele Ciappi e Silvia Nesti (nella difesa anche Massimiliano Tesi). Alle sue spalle, qualche fila dietro, la ragazza, oggi 24enne, che lo accusa di violenza, e la madre con la quale Borchi ha avuto una relazione clandestina. “Siamo di fronte ad un intreccio di interessi e controinteressi – le parole del pubblico ministero – ma la tesi del complotto di una ragazzina armata con una denuncia dalla madre che vuole vendicarsi è ardua da sostenere. Ci stiamo dimenticando che ci sono i diari della vittima, le sue confidenze al fidanzatino e all’amica, ci sono le chat, le telefonate, gli atteggiamenti notati e riportati da diversi testimoni compresa la fidanzata di allora dell’imputato”.
Borchi finì ai domiciliari i primissimi giorni di gennaio 2017 e ci restò quasi una settimana. Nelle carte, scaturite dalle indagini sviluppate sulla scorta della denuncia, la presunta relazione intrattenuta per sei-sette mesi con la ragazzina che all’inizio (primavera 2013) non aveva ancora 14 anni (lui 38). Una presunta relazione imbastita su messaggi, effusioni, toccamenti anche spinti ma non di rapporti sessuali veri e propri. Borchi ha sempre negato ogni addebito, ha sempre respinto con forza le accuse, ha sempre urlato la propria estraneità alle contestazioni. Lo ha fatto nel corso di tutta l’udienza preliminare e lo ha fatto ancora una volta oggi: “E’ una vicenda, questa, che ha creato tanto dolore a me e alla mia famiglia. Io ho sentito sulla mia persona non la presunzione di innocenza ma la presunzione di colpevolezza”.
La requisitoria del pubblico ministero ha ripercorso tutta la storia, i rapporti tra Borchi e la famiglia della ragazza, le assidue frequentazioni, gli interessi professionali, la relazione amicale fatta di incontri, viaggi, tempo libero. “Chiedo ai giudici – le parole di Laura Canovai – di valutare con scrupolo gli elementi offerti dall’imputato vista la gravità dell’imputazione e di valutare gli elementi dell’accusa”. Per la parte civile gli avvocati Tiziano Veltri e Alex Baldassini. Dura l’arrangiamento del primo che si è associato alla condanna invocata dal pm: “Una difesa costruita puntando il dito contro tutto e tutti ma senza mai una denuncia, un esposto. Perché”? Risarcimento danni, le richieste: 100mila euro per la ragazza e 20mila euro ciascuno per i suoi genitori. Parola alla difesa il 3 giugno. Ma intanto, a margine, la risposta agli avvocati di parte civile è arrivata. “Noi non dovevamo denunciare nessuno ma semplicemente segnalare ai magistrati il tutto. A chi più che a loro? Dovevamo andare in questura a fare una denuncia da passare ai magistrati? Eravamo già davanti a loro.
Quindi cosa dovevamo fare più di così”?
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