Nove aziende cinesi controllate ogni giorno a Prato dal primo settembre, 427 alla fine del 2014; 335, l'80 per cento, non in regola; 61 sottoposte a sequestro. E' il bilancio dell'attività compiuta dagli ispettori Asl assunti dalla Regione dopo la tragedia di via Toscana con l'obiettivo di mettere in regola le imprese del cosiddetto distretto parallelo. Un'attività che va di pari passi con il Patto per il lavoro sicuro che, dopo le associazioni artigiane e Unione industriale pratese, coinvolge da oggi anche gli ordini e i collegi professionali e l'Università per un totale di quindici soggetti. La firma stamani in palazzo comunale. Presenti il sindaco Matteo Biffoni che ha fatto riferimento al “patto” come allo strumento che afferma il “sistema Prato”, il coordinatore regionale del Piano lavoro sicuro Renzo Berti, e i rappresentanti delle associazioni economiche e delle categorie professionali.
Il lavoro degli ispettori Asl in numeri. Complessivamente 1.096 imprese controllate a Prato, Firenze, Empoli e Pistoia. 427 quelle pratesi: 335 non in regola, solo 85 in regola, 61 sequestrate, a 333 contestate prescrizioni, per 319 partite informative di reato. Le irregolarità più numerose riguardano le macchine da lavoro e gli impianti elettrici; a seguire la presenza di dormitori e cucine abusivi e la presenza di bombole di gas. L'incasso delle sanzioni ammonta a 320mila euro: una cifra che ha una doppia lettura. La prima: avanti di questo passo, quando tutte le 7.700 aziende censite a Prato, Firenze, Empoli e Pistoia saranno state controllate, ci sarà un pareggio tra l'incasso delle sanzioni e l'investimento da 13 milioni compiuto dalla Regione Toscana. La seconda: se la casistica delle irregolarità seguirà il trend dei primi mesi, significherà una scarsa sensibilità da parte delle aziende cinesi a mettersi spontaneamente in regola. “Non abbiamo mai inteso agire per arrivare ad una cancellazione del sistema imprenditoriale cinesi – ha commentato Renzo Berti – ma abbiamo inteso instaurare un sistema regolare aperto a tutti. L'obiettivo è l'emersione di quella fetta di distretto che non rispetta le regole”.
Il patto per il lavoro sicuro. Un protocollo allargato: a Cna, Confartigianato e Unione industriale pratese si aggiungono ordini e collegi professionali e Università. Per le imprese cinesi non cambia niente nei fatti, a parte la scelta di potersi rivolgere a soggetti diversi dalle associazioni di categoria per intraprendere il percorso di emersione. Tre i capitoli previsti dal patto: promiscuità tra lavoro e domicilio, prevenzione incendi, impianti elettrici. Si parte da qui con l'obiettivo di abbracciare anche altre sfere. I professionisti che decideranno di patrocinare un'azienda dovranno anzitutto prendere impegni precisi con l'ordine di appartenenza, seguire i corsi di formazione appositamente predisposti in collaborazione con la Regione Toscana in modo da uniformare i modelli di intervento, effettuare sopralluoghi nei capannoni, prendere e tenere contatti con il titolare formale dell'attività. “Il patto altro non è che un sistema al quale le imprese aderiscono per iniziare un percorso virtuoso che ha come traguardo quello di mettersi in regola – ha spiegato Marzia De Marzi, presidente del Palazzo delle professioni – crediamo nella prevenzione e nelle azioni che congiuntamente possiamo mettere in campo per raggiungere l'obiettivo. Crediamo che l'azione preventiva debba mirare a due aspetti: il mantenimento delle imprese sul territorio e la coesione sociale”.
#Prato è compatta nell'affrontare i problemi. Anche ordini e collegi professionali nel patto lavoro sicuro @comunepo pic.twitter.com/9OzayWcQKG
— Matteo Biffoni (@MattBiff) 27 Gennaio 2015
Il sistema Prato visto dal sindaco. “Questo protocollo è quello che io intendo per sistema Prato, non certo un sistema fatto di banditi che agevolano il malaffare. Di banditi ce ne sono pochi, ci sono invece tanti professionisti seri, tante persone oneste che vogliono bene a questa città. Chi sta fuori dai termini del patto sta fuori da tutto. Qui non c'è posto per chi non rispetta le regole”. Un commento duro quello del sindaco Matteo Biffoni che più volte anche in passato ha respinto il concetto di sistema Prato come modello di integrazione e connivenza tra professionisti pratesi e imprenditori cinesi. Un sistema richiamato con forza nel processo per il rogo di via Toscana.
Controlli, l'apertura della Regione ad altre forze. “Accanto al nostro lavoro – ha detto il coordinatore regionale del Piano lavoro sicuro Renzo Berti – è rimasto quello del gruppo inteforze e degli altri soggetti preposti ai controlli nelle aziende. La Direzione territoriale del lavoro è sistematicamente al nostro fianco a Firenze e a Empoli, per esempio. Questa è la dimostrazione che da parte nostra c'è piena disponibilità a lavorare con tutti, con altre forze che verificano profili che non sono di competenza della Asl. Certo, se gli organici non consentono di stare al nostro passo non è che possiamo rallentare: qui non si fa alla meno. Noi facciamo cinque uscite al giorno, controlliamo nove aziende al giorno e questo trend è il punto zero”. Berti ha inteso così chiarire nuovamente il lavoro della Asl e rispondere alle numerose critiche piovute da più parti circa la scarsa efficacia degli interventi degli ispettori rispetto ai profili di irregolarità delle imprese cinesi; profili che riguardano anche il sistema economico, la tassazione, il lavoro a nero, l'impiego di clandestini.
La trasparenza dell'Ordine dei commercialisti. “Non ci risultano indagati tra i nostri iscritti – ha detto il presidente Paolo Biancalani facendo riferimento al cosiddetto sistema Prato – in passato abbiamo avuto incontri con l'ufficio imposte che ha chiesto la nostra collaborazione. E' emerso che la stragrande maggioranza dei cinesi ha a che fare con due-tre studi di contabilità, sempre gli stessi. Da parte nostra abbiamo aperto procedimenti relativamente all'antiriciclaggio. Operiamo in un contesto di codici deontologici e non abbiamo problemi ad intervenire in caso di comportamenti che violano le regole”.
Il pensiero delle associazioni di categoria. “Siamo i primi a puntare il dito contro l'evasione fiscale perché va a pesare sulle aziende sane – ha detto il presidente dell'Unione industriale pratese Andrea Cavicchi – il patto nasce da una tragedia che nessuno vuole si ripeta, nasce dall'esigenza e dalla ferma volontà di mettere in sicurezza i luoghi di lavoro. Abbiamo bisogno di controlli mirati e del coinvolgimento di quanti più soggetti è possibile per arrivare ad un obiettivo comune che è un distretto totalmente in regola. La città dimostra di andare nella direzione giusta, apre gli occhi e affronta i problemi. Un percorso che funziona solo se tutti lavoriamo per lo stesso traguardo. Fino a ieri le responsabilità sono rimbalzate tra la politica, le associazioni di categoria, gli ordini professionali. Oggi siamo tutti uniti e da qui si parte”.
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