Sette giorni su sette, 13 ore al giorno con brevi pause per i pasti, stipendio a cottimo con pochi centesimi – tredici al massimo – per ogni capo confezionato, oppure su base oraria con un compenso inferiore a 3 euro e anche meno agli operai sprovvisti del permesso di soggiorno. Sono le condizioni di lavoro ricostruite dalla procura al termine di settimane di indagini del Nucleo investigativo dei carabinieri di Prato e del Gruppo antisfruttamento del Dipartimento di prevenzione della Asl Toscana centro alla Dreamland, pronto moda a conduzione cinese con sede in via Galvani. Quattro cinesi sono stati arrestati: due, ritenuti a capo dell'attività, sono finiti in carcere, mentre altri due, ritenuti fedelissimi collaboratori e uno di loro prestanome, sono ai domiciliari. Stessa accusa per tutti: sfruttamento del lavoro.
L'inchiesta ha preso il via in seguito alla violenta aggressione ai danni di diversi operai cinesi e pakistani che lo scorso 11 ottobre, sventolando le bandiere del sindacato Si Cobas, manifestarono davanti ai cancelli dell'azienda per denunciare la loro condizione di sfruttati.
Un'aggressione, secondo gli inquirenti, ben nota agli arrestati il cui comportamento imprenditoriale è stato definito “spregiudicato, con il solo scopo di massimizzare i profitti sottoponendo gli operai a condizioni di lavoro disumane”. Un'aggressione che, di fatto, ha convinto gli investigatori ad indagare. Intercettazioni telefoniche, appostamenti, pedinamenti hanno consentito di mettere insieme un gran numero di elementi a conferma della denuncia dei lavoratori.
I tecnici della Asl, nel tempo e per avere accesso ai locali, hanno contestato numerose prescrizioni all'azienda in ordine a irregolarità sulla sicurezza dei luoghi di lavoro: prescrizioni tante ma poche quelle a cui la proprietà ha posto rimedio. Vie d'uscita e d'emergenza ostruite, spazi adibiti anche a dormitorio, carenze impiantistiche e assenza di corsi di formazione con le maestranze non a conoscenza delle misure di prevenzione a cui far ricorso per evitare il rischio di infortuni. Per la verità, qualche attestato di formazione è stato trovato ma gli accertamenti hanno scoperto che si tratta di documenti falsi. Non è la prima volta che gli investigatori si imbattono in attestati di formazione fasulli: un fenomeno – è chiaro – possibile grazie alla connivenza di professionisti italiani che ora sono nel mirino di ulteriori indagini.
Una ventina gli operai sfruttati che sono stati fotografati nel corso dell'inchiesta e che venivano sistematicamente minacciati di dover restituire parte del misero stipendio, che venivano sorvegliati, controllati a vista e costretti a firmare dimissioni volontarie. Insomma,”o lavori come dico io oppure ti dimetti”: questo il ritornello.
Una parte dell'inchiesta è stata affidata alla guardia di finanza che sta procedendo al sequestro preventivo di beni per un ammontare di 120mila euro, vale a dire l'equivalente dell'evasione contributiva che viene contestata alla Dreamland.
Soddisfazione per l'inchiesta è stata espressa dal sindaco Matteo Biffoni: "Non c'è posto a Prato per chi lucra sullo sfruttamento dei lavoratori facendo del lavoro un ricatto – le sue parole – ancora una volta gli organi investigativi, le forze dell'ordine e le istituzioni del territorio si sono unite secondo le proprie competenze per raggiungere l'obiettivo di impedire che nel distretto ci siano soggetti che fanno impresa infrangendo ogni regola civile".
Operai pestati al picchetto sindacale, quattro arresti. La procura: “Sfruttavano i dipendenti”
Inchiesta avviata dopo l'aggressione ai lavoratori che, sotto le bandiere di Si Cobas, manifestarono davanti al pronto moda Dreamland. In carcere due persone ritenute a capo dell'attività e due stretti collaboratori. Trovati riscontri alla denuncia degli operai: turni massacranti, paghe da fame, ricatti. Indagini ancora in corso dopo la scoperta di falsi attestati di formazione: nel mirino professionisti italiani
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