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Omicidio Cini, il cognato risponde alle domande del giudice e urla la sua innocenza


Per Daniele Maiorino, in carcere a Pistoia da giovedì scorso con l'accusa di omicidio volontario aggravato dalla crudeltà, sono stati chiesti gli arresti domiciliari ma il tribunale non li ha concessi. Il difensore: "Il mio assistito ha parlato e ha riferito circostanze che non erano ancora emerse, è determinato a dimostrare la sua totale estraneità"


Redazione


“Determinato, sicuro, deciso. Il mio assistito non si è limitato a respingere l'accusa, ma ha argomentato, ha chiarito, ha parlato a ruota libera senza alcuna reticenza”. Così l'avvocato Katia Dottore Giachino, difensore di Daniele Maiorino, il 58enne fermato giovedì scorso per l'omicidio del cognato (marito della sorella della moglie) e vicino di casa, Alessio Cini, tecnico tessile di 57 anni, picchiato e dato alle fiamme l'8 gennaio davanti alla villetta nelle campagne di Agliana doveva viveva con la figlia adolescente. Maiorino, originario di Prato come la vittima, è rinchiuso nel carcere di Pistoia, accusato di omicidio volontario aggravato dalla crudeltà. Al termine dell'interrogatorio di garanzia, la difesa ha chiesto gli arresti domiciliari ma l'istanza non è stata accolta. L'avvocato ha smontato il pericolo di fuga sostenuto dalla procura, spiegando che Maiorino non è titolare di un passaporto e che le sue telefonate con extracomunitari sono riconducibili a questioni di lavoro e ad altre esigenze personali.
Secondo l'accusa, Daniele Maiorino avrebbe ucciso per questioni economiche e, più in particolare, per beneficiare, seppure in modo indiretto, dei beni del cognato. “Un movente che non sta in piedi – ha spiegato l'avvocato Dottore Giachino – tutto sarebbe passato alla figlia e a sua madre che non era divorziata ma solo separata. In più, dai primi accertamenti difensivi, non è emersa una situazione economica così florida a casa della vittima”.
Al giudice delle indagini preliminari sono state spiegate altre circostanze che non erano venute a galla durante l'interrogatorio della notte del fermo. E in più sono stati respinti gli indizi che hanno convinto la procura a firmare il decreto di fermo. E' ancora l'avvocato a parlare: “Le telecamere dei vivai della zona potrebbero non aver ripreso movimenti sospetti di auto e persone perché alla villetta trifamiliare, dove abitava Cini e dove abitano il mio assistito con la famiglia e un altro nucleo familiare, si accede anche da un sentiero percorribile a piedi".
E c'è dell'altro su cui l'accusa punta tantissimo: “il soliloquio”, e cioè i dialoghi in solitaria intercettati dagli investigatori grazie alle spie montate nell'auto dell'indagato. “Le parole non sono chiare, non sono facilmente comprensibili, si sente bene la parola ucciso ma non si capisce il soggetto. Procederemo con le nostre perizie, questo è un processo che si svilupperà esclusivamente sulle perizie”.
Nelle ore immediatamente successive all'omicidio, Daniele Maiorino non si era sottratto ai microfoni e ai taccuini dei giornalisti: “So ma non posso parlare”, aveva detto e ripetuto. “Nessun nome, nessun riferimento a persone – ha detto l'avvocato – solo il racconto di circostanze ed episodi, rapporti tra la vittima e altra gente”.
L'omicidio di Alessio Cini ha gettato nello sconforto l'intera frazione di Sant'Ippolito: qui il tecnico tessile era nato e cresciuto, qui aveva vissuto prima di trasferirsi ad Agliana. Una zona che continuava a frequentare per trascorrere del tempo con gli amici di sempre e per far visita alla sorella che vive nei pressi del circolo Arci Rossi del quale, per un periodo, Cini era stato anche presidente. A Sant'Ippolito conoscono bene anche Daniele Maiorino, originario della vicina Viaccia. Incredulità generale. Sconcerto. Ora l'attesa di sapere come andrà a finire.

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è una testata registrata presso il Tribunale di Prato
(N° 4 del 14/02/2009)
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Editore: Toscana Tv srl

Redazione: Via del Biancospino, 29/b, 50010
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