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Niente cittadinanza per una condanna vecchia di 20 anni, inutile la guerra di carte bollate di un pachistano


Il ministero dell'Interno ha detto no e lo stesso ha fatto il Tar che ha confermato il diniego. A nulla è servito invocare il tempo trascorso dalla sentenza e la stabilità raggiunta in Italia grazie anche ad un lavoro regolare


Redazione


Una condanna per rapina è una macchia che tale resta anche a distanza di anni. Una macchia che basta a giustificare il 'no' alla richiesta presentata da un pachistano di diventare cittadino italiano. L'uomo, non si è arreso di fronte al diniego, e, assistito dall'avvocato Massimo Goti del foro di Prato, ha trascinato il ministero dell'Interno fin davanti ai giudici del tribunale amministrativo del Lazio (sua la competenza territoriale). Niente da fare: il ricorso è stato respinto e il diniego, quindi, confermato.
La sentenza di condanna, pronunciata dal tribunale di Prato, risale al 2003, esattamente a sedici anni prima che il pachistano facesse richiesta di cittadinanza italiana. “Tenuto conto della obiettiva gravità della condotta – scrive il Tar – a nulla rileva la relativa risalenza nel tempo soprattutto se si considera che agli atti non risulta nemmeno in conseguimento di un successivo provvedimento estintivo o riabilitativo”.
Inutile anche il fatto che il pachistano sia titolare di redditi da lavoro: “Tale elemento – continua il Tar – non può da solo fondare un giudizio in termini di affidabilità ed integrazione né può elidere il disvalore dei fatti che hanno determinato la condanna”.
Forte, radicato e ampio il potere discrezionale in capo al ministero chiamato a valutare la richiesta, tanto che il Tar, richiamando una sentenza del Consiglio di Stato, ha spiegato che “trattandosi (appunto) di esercizio di potere discrezionale da parte dell'amministrazione, il sindacato sulla valutazione non può spingersi oltre la verifica di un sufficiente supporto istruttorio, oltre la veridicità dei fatti posti a fondamento della decisione e dell'esistenza di una giustificazione motivazionale che appaia logica, coerente, ragionevole”. Per meglio spiegare: la fedina penale del pachistano macchiata da una condanna per rapina è un fatto vero e diventa una giustificazione sufficientemente solida su cui poggiare il no alla richiesta di cittadinanza italiana.
Il Tar ha chiarito anche che un conto è la valutazione che si fa per il riconoscimento della cittadinanza italiana e un conto è quella con cui si determina la pericolosità sociale che, se fosse stata ammessa a carico dell'uomo, avrebbe comportato ben altre conseguenze come la revoca del permesso di soggiorno. Insomma, puoi stare in Italia ma non puoi diventare cittadino italiano.

nadia tarantino
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è una testata registrata presso il Tribunale di Prato
(N° 4 del 14/02/2009)
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Direttore responsabile: Claudio Vannacci

Editore: Toscana Tv srl

Redazione: Via del Biancospino, 29/b, 50010
Capalle/Campi Bisenzio (FI)

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