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Muratore morì cadendo dal tetto, assolti i proprietari dell’immobile: “Lavoro affidato secondo le regole”


L'infortunio mortale risale a giugno 2020. La vittima stava riparando la guaina quando precipitò nel vuoto. A dargli il lavoro, in subappalto, era stato il titolare della ditta che aveva ricevuto l'incarico dell'intervento. La tesi difensiva: "La proprietà ha dato il lavoro ad una impresa con tutte le carte in regola, la responsabilità non può andare oltre"


Redazione


Assolti dall'accusa di omicidio colposo i due proprietari dell'immobile in via Goito nel quale morì il muratore che stava lavorando sul tetto. Ieri, mercoledì 8 novembre, al termine del processo con rito abbreviato, il giudice delle udienze preliminari del tribunale di Prato ha assolto “per il fatto non sussiste” Giancarlo Bardazzi, 75 anni, e Bruno Becherini, 67, entrambi difesi dall'avvocato Luca Brachi, finiti sotto inchiesta in qualità di committenti dell'intervento. L'infortunio nel quale perse la vita un 56enne albanese, risale al 22 giugno 2020. La vittima, titolare di una ditta edile, precipitò da un'altezza di circa sei metri mentre era impegnato nella riparazione della copertura del capannone. A dargli il lavoro fu un suo connazionale, anche lui titolare di una società edile, e anche lui finito sul registro delle notizie di reato per omicidio colposo (la sua posizione è stata chiusa tempo addietro con il patteggiamento a un anno e un mese di reclusione).
La difesa degli imputati ha dimostrato che i due proprietari dell'immobile, che all'epoca dei fatti era stato dato in affitto ad un cinese che aveva aperto un'officina meccanica, hanno affidato l'intervento di riparazione della guaina del tetto limitandosi ad esercitare un ruolo di “committenti non professionali che operano solo come comuni locatori per adempiere un obbligo manutentivo verso l'inquilino che a loro compete, affidandolo a chi quell'attività la svolge”. Tradotto: il committente non professionale, come sono stati riconosciuti Bardazzi e Becherini, non sono tenuti a conoscere le tecniche di prevenzione che invece sono in capo al datore di lavoro (vale a dire all'imprenditore albanese che ha subappaltato la riparazione del tetto), devono in ogni caso preoccuparsi di scegliere un appaltatore con tutte le carte in regola per effettuare l'intervento, non sono obbligati a controllare costantemente la modalità con cui l'operazione viene svolta. Rispetto a questo, è stato dimostrato che i due proprietari dell'immobile hanno affidato l'incarico ad una impresa in regola con le autorizzazioni, provvista di titoli Ateco che significano svolgimento di corsi di formazione e aggiornamento e con personale qualificato. Insomma, i due – questa la tesi difensiva – hanno agito correttamente in tutti i passaggi di loro competenza e la responsabilità dell'infortunio mortale non può, nella sua ricostruzione, risalire a monte fino al committente se il committente dimostra di essersi preoccupato di incaricare una ditta con tutte le carte in regola.
Nel procedimento si erano costituiti parte civile i parenti della vittima. Nelle prossime settimane arriveranno le motivazioni della sentenza.

nt
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è una testata registrata presso il Tribunale di Prato
(N° 4 del 14/02/2009)
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Direttore responsabile: Claudio Vannacci

Editore: Toscana Tv srl

Redazione: Via del Biancospino, 29/b, 50010
Capalle/Campi Bisenzio (FI)

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