Il sottopasso di via Ciulli è stato nuovamente sequestrato dalla procura e stavolta non si tratta di un sequestro probatorio ma preventivo, il che può significare anche che l’opera non verrà mai più riaperta. Il sequestro è stato disposto dal gip Silvia Isidori su richiesta del pubblico ministero Lorenzo Gestri e si basa su quanto avvenuto lo scorso 29 settembre quando il sottopasso si allagò nuovamente con modalità che, secondo la procura, ricordano quelle della tragica notte del 5 ottobre 2010 quando morirono tre donne cinesi, rimaste intrappolate nella loro auto. Per la procura la sicurezza del sottopasso non è quindi garantita, anzi in caso di esondazione del Vella si rischia il bis della tragedia. Questo a prescindere dagli interventi di messa in sicurezza già programmati dal Comune.
La richiesta di sequestro preventivo è stata avanzata dalla procura nei giorni immediatamente seguenti questo secondo allagamento e il gip l’ha accolta. Il nuovo colpo di scena arriva a pochi giorni dalla riapertura del sottopasso, inizialmente prevista per lo scorso 15 novembre e poi rimandata al 15 dicembre. A questo punto sembra difficile ipotizzare una nuova tempistica, anche se il Comune ha detto che proseguirà gli interventi già programmati. Per ottenere il dissequestro, però, si dovrà andare davanti al giudice e il parere della procura pare essere abbastanza netto. In poche parole, senza interventi radicali sul corso del Vella, in grado di scongiurare quanto avvenuto nell’ottobre 2010 e più di recente il 29 settembre scorso, appare difficile poter considerare sicuro un sottopasso posizionato in quel punto.
Sulla vicenda è in corso anche un procedimento giudiziario che vede indagati Lorenzo Frasconi, dirigente del servizio Mobilità e protezione civile del Comune di Prato, Stefano Caldini, all’epoca direttore dei lavori del sottopasso per conto di Italferr, Paolo Berti, dipendente di Trenitalia e Sandro Gensini, direttore di Asm. Per tutti l’accusa è di omicidio colposo, anche se sono diversi i profili dei capi d’imputazione. La tesi di accusa si basa essenzialmente sulla mancata richiesta di autorizzazione al Genio Civile per realizzare il sottopasso, che comportò lo spostamento e l’intubamento del torrente Vella. Un’operazione che, secondo la procura, non si poteva fare a meno di chiedere l’autorizzazione al Genio Civile come prevede la legge. E proprio questo aspetto ha contribuito al sequestro preventivo. Per la procura, quindi, il sottopasso non solo non è sicuro così come è adesso, ma lo è proprio per la sua collocazione che lo mette a rischio ogni volta che il Vella esonda. Cosa che, come dimostrato dai recenti avvenimenti, è tutt’altro che improbabile.
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