Sarebbero state ragioni riconducibili ad una sfera politico-mediatica a spingere il sindaco Biffoni a revocare la disponibilità dello stadio all'Ac Prato di Paolo Toccafondi. E' quanto sarebbe emerso dalle indagini preliminari chiuse pochi giorni fa dalla procura con la richiesta di archiviazione dell'ipotesi di reato di abuso d'ufficio contestata a Matteo Biffoni dopo la denuncia, la scorsa estate, del presidente della società di calcio scivolata tra i dilettanti per l'impossibilità di accedere al ripescaggio in serie C in quanto priva dello stadio in cui giocare (la procura ha chiesto l'archiviazione anche per l'ipotesi di tentata truffa sostenuta in un esposto del Comune).
A dettare l'azione del sindaco, che nei giorni della trattativa per la cessione del Prato dialogava con i tifosi via whatsapp, sarebbe stata l'esigenza di sfruttare per fini politici e mediatici l'insoddisfazione del 'popolo biancazzurro' rispetto alla gestione Toccafondi e di accreditarsi come il soggetto che stava dismettendo la quarantennale gerenza in favore di una nuova proprietà e di nuovi orizzonti calcistici. Un passaggio forte, questo, contenuto nella richiesta di archiviazione trasmessa al giudice per le indagini preliminari dal procuratore Giuseppe Nicolosi e dal sostituto Gianpaolo Mocetti che non hanno mancato di censurare il comportamento del sindaco nei giorni in cui la trattativa per la cessione della società da parte di Toccafondi dava segni di cedimento.
Biffoni, così facendo, non ha commesso un reato e neppure lo ha commesso, secondo la procura, quando ha revocato la dichiarazione di disponibilità dello stadio successiva al recesso formalizzato dall'Ac Prato dopo la retrocessione in serie D e l'annuncio di voler vendere il pacchetto azionario. Non lo ha commesso, è la tesi della procura, per un semplice motivo: il sindaco, come stabilisce l'ordinamento degli Enti locali, non aveva titolo a decidere sul destino del Lungobisenzio. Biffoni ha, per così dire, fatto e disfatto pur essendo privo della facoltà di fare e disfare che invece è propria dei dirigenti. Di più: non solo senza averne competenza ha comunicato alle Federazioni sportive la concessione della disponibilità dello stadio e poi la revoca, ma lo ha fatto senza iter amministrativo e senza il coinvolgimento dei dirigenti.
Una ricostruzione che si aggancia ad un altro elemento: il “Servizio governo del territorio” rilasciò a luglio l'autorizzazione alla gestione del Lungobisenzio al Prato anche se la società aveva comunicato il recesso due mesi prima. La procura, su questo punto, ha cercato chiarimenti: chi ha firmato quella autorizzazione avrebbe spiegato di non sapere dell'esistenza del recesso (evidenziata nero su bianco la mancanza di coordinamento e dialogo tra i vari settori del Comune). Ecco che il danno lamentato da Toccafondi non si sarebbe realizzato, almeno sul piano penale. In altre parole, la perdita del requisito della disponibilità dello stadio necessario per il ripescaggio, è stata frutto del recesso comunicato dal Prato e non della revoca firmata dal sindaco sulla base di una dichiarazione già inconsistente. Altra cosa, e la procura sottolineandolo non fa sconti, è stata la “condotta illegittima” del sindaco non solo quando si parla di ripartizione delle competenze tra organo politico e organo dirigenziale, ma anche della imparzialità dell'azione amministrativa richiamata dalla Costituzione visto che la revoca della disponibilità dello stadio era conseguenza dell'esito di una trattativa tra privati rispetto alla quale la parte pubblica non era legittimata ad intervenire.
Lunga e complessa la vicenda che ha contrapposto Comune e Ac Prato. Vicenda ripercorsa dalla procura che è partita dal giorno in cui Toccafondi chiese al sindaco di trovargli un acquirente interessato a rilevare la società. L'accordo con Joseph Romano, avvocato italo-canadese, sfumò all'ultimo e fu il nulla di fatto a provocare lo strappo definitivo dopo settimane di tira e molla, di “stadio sì stadio no”, di ultimatum, impegni, rassicurazioni, retromarce sulla triangolazione Canada – via Tacca (quartier generale dell'Ac Prato) – Palazzo comunale.
Nei mesi dell'inchiesta sono stati sentiti diversi testimoni e dalle dichiarazioni di uno di loro è emerso che la nota di intimazione a riconsegnare lo stadio inviata a Toccafondi fu sollecitata dal vicesindaco Faggi. La società non lasciò lo stadio e a quel punto fu attivata la procedura di sfratto.
Gli avvocati di Toccafondi stanno studiando le carte per decidere se avanzare oppure no opposizione alla richiesta di archiviazione presentata dalla procura.
Lite per il Lungobisenzio, la procura: “Il sindaco ha agito a fini politici e mediatici ma non c’è reato”
Nelle pagine della richiesta di archiviazione, ricostruita la vicenda che ha contrapposto il Comune e l'Ac Prato. Censurato il comportamento di Biffoni, ma l'ipotesi di abuso d'ufficio non ha trovato fondamento
48
nt
Edizioni locali: Prato