Qualcuno ha risposto, qualcuno invece si è avvalso della facoltà di non rispondere. Si sono tenuti nella mattina di oggi, lunedì 16 giugno, gli interrogatori di garanzia dei sei uomini finiti agli arresti su richiesta della procura di Prato e accusati, a vario titolo, di tentativo di estorsione e sfruttamento della prostituzione. Le misure cautelari, eseguite dalla Squadra mobile, hanno riguardato quattro cinesi, un italiano e un pachistano. L’italiano, un uomo di origine calabrese, e uno dei cinesi, difesi dall’avvocato Paolo Tresca, hanno deciso di non rispondere alle domande del giudice delle indagini preliminari, Del Vecchio.
La vicenda che ha spalancato le porte del carcere risale a meno di un anno fa e riguarda l’incendio doloso con tanto di esplosione dell’auto di un imprenditore cinese e di una bara con tanto di foto dell’uomo lasciata in viale della Repubblica, davanti al Wall Art, la struttura dove il bersaglio si trovava la sera del primo ottobre. Un atto intimidatorio chiarissimo che, secondo le investigazioni, sarebbe stato deciso nell’ambito di una guerra per il controllo della prostituzione. Una guerra scaturita dalla scissione in seno al gruppo che, all’origine, sarebbe stato guidato proprio dalla vittima del gesto intimidatorio, a sua volta indagata e attinta da misura cautelare in un procedimento per sfruttamento della prostituzione.
La bara su un messaggio chiarissimo all’indirizzo dell’imprenditore in una guerra senza esclusione di colpi per la gestione delle giovani avviate alla prostituzione (leggi).
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