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Inchiesta sul laboratorio dell’ospedale, più di mille analisi del sangue al vaglio della procura


Nei prossimi giorni i primi interrogatori dei 44 indagati per i quali la procura ipotizza i reati di truffa e peculato. Il procuratore parla di "parentopoli" e "amicopoli": il sistema, secondo quanto emerso fino ad ora, avrebbe consentito di garantire prestazioni senza il pagamento del ticket


Redazione


Un migliaio, inteso come numero di provette, le analisi del sangue che sarebbero state fatte dal laboratorio dell'ospedale senza che vi fossero a monte i passaggi previsti dalla procedura: accettazione, assegnazione del codice a barre e, soprattutto, pagamento del ticket. Un bilancio che la procura, dopo aver notificato 44 avvisi di garanzia a medici, infermieri e tecnici ipotizzando i reati di truffa e peculato, sta cercando cristallizzare attraverso l'esame del materiale informatico e cartaceo sequestrato dalla guardia di finanza ieri, mercoledì 21 novembre, nel laboratorio di analisi del Santo Stefano. Secondo quanto accertato fino ad ora, gli indagati, ognuno per il proprio ruolo, avrebbero garantito analisi del sangue gratuite a parenti e amici. Il procuratore Giuseppe Nicolosi parla di “parentopoli” e “amicopoli” per definire il sistema “parallelo” che andava avanti da anni, almeno quattro. E che continuava come se niente fosse tanto che ieri, proprio mentre i finanzieri stavano dando corso al decreto di perquisizione, un operatore sanitario si è presentato al laboratorio per consegnare provette di sangue e urina da analizzare e refertare fuori dall'iter normale. La prima segnalazione di anomalie nella gestione del laboratorio risale a un paio di anni fa: una lettera anonima per dire che forse il laboratorio centrale dell'ospedale non si occupava solo degli esami del sangue dei pazienti ricoverati all'ospedale e dei cittadini che il prelievo lo fanno presso le strutture del territorio, su tutte il Centro Giovannini. Una segnalazione a cui sono state date gambe dopo che il direttore del Laboratorio di analisi Patrizia Casprini è stata condannata al pagamento di 200 euro di ammenda per percosse ad una sottoposta al termine di una discussione legata all'esame di un campione di urina privo del codice a barre. E' stato questo fatto, sommato alla segnalazione anonima, a spingere il procuratore Nicolosi ad aprire l'inchiesta affidata ai sostituti Lorenzo Gestri e Lorenzo Boscagli.
Le indagini della guardia di finanza hanno escluso passaggi di denaro: il sistema, in altre parole, si sarebbe basato solo su favori fatti da medici e infermieri per garantire a parenti e amici di beneficiare gratuitamente delle prestazioni. La collaborazione della Asl Toscana centro ha fatto emergere un certo numero di analisi, oltre mille, intestate a nominativi riconducibili a familiari degli indagati. Le provette con sangue e urine, per quanto finora ricostruito, venivano consegnate brevi manu dopo prelievi fatti fuori dal normale circuito. In seno all'azienda sanitaria sarebbe rimasta solo la traccia finale, quella del referto: niente richiesta medica, niente accettazione, niente codice a barre e quindi niente pagamento del ticket. Il meccanismo sarà più chiaro con i primi interrogatori degli indagati, in programma la prossima settimana. Intanto la Asl Toscana centro ha attivato la commissione di inchiesta interna e quella disciplinare per accertare eventuali responsabilità e prendere i conseguenti provvedimenti.

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(N° 4 del 14/02/2009)
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Editore: Toscana Tv srl

Redazione: Via del Biancospino, 29/b, 50010
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