Perché l’ex campo da rugby Memorino Messoli, proprietà del Comune di Prato, è stato ceduto temporaneamente al Consorzio Progetto Acqua per lo stoccaggio delle terre di scavo provenienti dal cantiere per la realizzazione della fognatura industriale? Perché il Comune ha messo a disposizione un’area del suo patrimonio per finalità più utili ai privati che al pubblico? Se lo sono chiesti i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Firenze, Lorenzo Gestri, Lorenzo Boscagli e Antonino Nastasi, che hanno indagato la sindaca di Prato, Ilaria Bugetti, per corruzione e chiesto gli arresti domiciliari (il giudice delle indagini preliminari del tribunale di Firenze si esprimerà dopo l’interrogatorio preventivo in programma lunedì 23). Una domanda a cui gli investigatori avrebbero trovato una risposta; risposta che riempie una trentina delle oltre cento pagine scritte per sostenere la misura cautelare. Secondo i magistrati, l’ex Memorino sarebbe uno degli esempi della ‘messa a disposizione’ della sindaca Pd nei confronti dell’imprenditore Riccardo Matteini Bresci, l’altro indagato dell’inchiesta che si è abbattuta come e più di un terremoto sulla città venerdì scorso. Per Matteini Bresci, ex numero uno del Gruppo Colle, ex figura di spicco di Confindustria Toscana nord, e legato a Bugetti da un rapporto di amicizia, di lavoro e, come non perdeva occasione di rimarcare lui stesso, fattivo cacciatore di voti e contributi per le campagne elettorali, la Dda ha chiesto la custodia cautelare in carcere in ragione di una condanna irrevocabile già pronunciata nei suoi confronti lo scorso autunno, anche in quel caso per corruzione. Gli investigatori sono convinti che la sindaca si sia adoperata per rispondere alle esigenze dell’imprenditore, esigenze già manifestate durante la campagna elettorale, fino a pochissimi giorni prima dell’arresto scattato il 30 maggio. Perché le terre di scavo dovevano finire proprio quel terreno? perché lì? perché su suolo pubblico, su un’area comunale inserita nell’elenco dei beni di proprietà del Comune? e soprattutto, perché pretendere quell’area quando intorno ce n’erano anche di proprietà di qualche consorziato e quando già nell’ultimo scorcio del mandato Biffoni erano emerse chiare le perplessità degli uffici tecnici comunali?
Le indagini del Ros hanno ricostruito che Matteini Bresci non aveva tornaconti diretti sull’ex Memorino ma che l’ex Memorino era strumentale a cominciare finalmente i lavori per la fognatura industriale, propedeutici ai suoi interessi rispetto al fatto che la Regione sollecitava la realizzazione dell’opera a servizio sia della Vallata che delle altre parti come unica alternativa alla costruzione dei depuratori ‘a piè di fabbrica’. La Dda sostiene che Bugetti, in quei giorni ancora in campagna elettorale per le amministrative, avrebbe trasmesso le urgenze dell’imprenditore all’assessore all’Urbanistica ancora in carica.
Passano poche settimane e la candidata del Pd diventa sindaca. La questione della fognatura separata è ancora sul tavolo. Nelle sue pagine di richiesta di applicazione delle misure cautelari, la Dda descrive le difficoltà, descrive le resistenze degli uffici tecnici a procedere con una determina dirigenziale ritenendo la concessione priva di ‘interesse pubblico’ oltre che discutibile da un punto di vista ambientale, e descrive il passo finale: la delibera di Giunta che i magistrati inquirenti definiscono “soluzione tombale” oltre che “scelta politica”.
Nella delibera in questione si legge “che la richiesta di disponibilità indirizzata su un immobile di proprietà comunale appare ragionevole, considerato che l’infrastruttura a realizzare persegue obiettivi già manifestamente condivisi con gli enti locali del comprensorio”. Ciò poco interessa alla Dda che non insiste sull’interesse pubblico o meno a sostegno della concessione del terreno (eventuali impatti sono competenza di altre sedi), quanto al percorso compiuto per arrivare al via libera.
Vicenda ex Memorino conclusa? No. C’è un ultimo paragrafo e riguarda il canone di locazione fissato dall’ufficio Patrimonio in 22mila euro l’anno, cifra su cui qualcuno, nel Consorzio Progetto Acqua, storce la bocca ritenendolo esoso. Per gli inquirenti anche in questo caso si sarebbe attivata la sindaca per “eliminare o almeno ridurre l’importo”. I dirigenti restano fermi nella loro posizione e con loro resta fermo il canone stabilito.
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