“A fronte degli argomenti spesi dalla procura, è evidente come il fatto non sussista ed è evidente che deve essere questa la formula con la quale assolvere gli imputati”. A cinque anni dal rinvio a giudizio e a dieci dalla cosiddetta 'guerra del gas', si è chiuso con queste parole il processo sulla lite scoppiata tra il Comune di Prato, allora guidato dal primo (e unico) governo di centrodestra fermo nella sua volontà di mettere a gara il servizio di distribuzione del gas, e la sua partecipata.
Processo che ha accusato di turbativa d'asta, abuso d'ufficio e abuso di posizione dominante cinque tra vertici e dirigenti di Estra e di Consiag. A pronunciare la richiesta sono stati oggi, venerdì 11 settembre, gli avvocati Alberto Rocca e Antonino Denaro, difensori rispettivamente di Paolo Abati, direttore generale di Estra, e di Luciano Baggiani, presidente dell'Assemblea dei soci di Consiag, e di Alessandro Puccetti, dirigente di EstraReti. Richiesta che ha ricalcato quella fatta prima dell'estate dagli avvocati Lucibello e Cipriani per gli altri imputati, anche loro dirigenti di EstraReti, Paolo Quercioli e Cesare Calistri. Il collegio giudicante ha rinviato per la sentenza al 21 settembre. Una sentenza in ogni caso tardiva: i reati sono prescritti. Un elemento che non ha tolto piglio e grinta né al pubblico ministero Lorenzo Gestri (“il fatto che i reati siano prescritti non significa che non siano stati commessi”) né ai difensori che hanno insistito non solo sull'innocenza dei loro assistiti ma sulla formula che deve accompagnare l'assoluzione.
Un iter giudiziario lunghissimo quello scaturito dalla contrapposizione tra Comune e Estra Consiag, giocato non solo sui tavoli della procura prima e del tribunale dopo, ma anche su quelli del Tar e del Consiglio di Stato. Una guerra, appunto, senza esclusione di colpi da una parte e dall'altra. Secondo l'accusa l'azienda avrebbe ritardato la comunicazione dei dati chiesti dall'amministrazione comunale – suo socio di maggioranza relativa – per impedire il regolare svolgimento della gara poi vinta da Toscana Energia.
“L'assenza di prove è palese – uno dei passaggi della appassionata e spesso pungente arringa di Alberto Rocca – non può sostituire la prova una ostinata proposta di suggestioni ad uso di artifici retorici perché si giungerebbe a mutare lo scopo stesso del processo che è verificazione dell'accusa a mezzo della conoscenza dei fatti offerta dalle prove”. Rocca non ha impugnato il fioretto, semmai la sciabola per smontare la tesi dell'accusa e dimostrare che Paolo Abati, nella sua qualità di dg, non ha fatto niente di più che difendere l'azienda azionando le leve previste dalla legge. “Non c'è stata azione fraudolenta – il suo convincimento – fraudolento può essere, nella eccezione corretta, se vengono trasmessi dati che mi faranno vincere, non negarli a buon diritto. Infatti – sempre l'avvocato Rocca – la posizione espressa da Consiag, sottoscritta da Abati e manifestata a chiunque e poi tradottasi anche in contenzioso, non trae in inganno l'interlocutore Comune di Prato. L'ente apprende subito che non avrà i dati e che potrà subire un contenzioso legittimo”.
Riferendosi alla posizione del pubblico ministero, Rocca ha più volte fatto ricorso alla parola 'suggestione' richiamando “vuoti probatori”. L'avvocato ha citato anche la sentenza del Consiglio di Stato che all'inizio di quest'anno ha cancellato la maximulta di 276mila euro contestata nel 2012 dall'Antitrust a Estra e a EstraReti; una sentenza che censurò la scelta di mettere sul libero mercato il servizio di distribuzione del gas (“Le motivazioni che hanno spinto il Comune alla gara si identificano con la volontà di massimizzare i propri introiti, intento lecito ma all'evidenza diverso da quello di assicurare ai propri cittadini un servizio a prezzi più convenienti”).
Tra dieci giorni si conoscerà in quale modo gli imputati usciranno da questo processo.